Originaria di Palagonia, 42 anni, era una collega di Emanuele Patanè ed Agata Annino. Tutti e tre lavoravano al dipartimento dell'università etnea e sono morti a seguito di patologie tumorali. L'ultimo caso, reso noto oggi durante l'udienza del processo a carico dei vertici di Unict di quegli anni, è quello della donna, deceduta lo scorso 25 dicembre per un tumore ai polmoni. «Credetemi, acquisire anche questa ulteriore notizia è veramente tragico, orrendo», commenta il legale Santi Terranova
Farmacia, nuova vittima nei laboratori E’ la ricercatrice Giuseppina Pirracchio
Giuseppina Pirracchio, 42 anni, originaria di Palagonia, ricercatrice della facoltà di Farmacia dell’università di Catania era una collega di Emanuele Patanè e Agata Annino. Il suo nome si è aggiunto oggi a quello dei colleghi, deceduti come lei a causa di patologie tumorali, nel fascicolo delle presunte vittime dei cosiddetti laboratori dei veleni.
La notizia viene riferita in aula, durante le fasi conclusive del processo per disastro ambientale che vede imputati i vertici dell’università etnea degli scorsi anni. A far sapere della morte per un tumore ai polmoni, lo scorso 25 dicembre, della ricercatrice è Santi Terranova, legale di numerose parti civili a cui il fratello della donna ha conferito l’incarico ufficiale pochi giorni fa.
Al termine della sua arringa, Terranova si è recato a depositare il nuovo nome nel fascicolo. Con gli occhi rossi e visibilmente provato, si è poi allontanato qualche minuto. «Credetemi, acquisire anche questa ulteriore notizia è veramente tragico, orrendo – ha poi commentato l’avvocato – Ecco perché questo è un processo che lascia un segno indelebile nella vita di un professionista». Specie dopo aver incassato il colpo della richiesta di archiviazione da parte del magistrato titolare del caso, Lucio Setola, del procedimento parallelo, specifico per stabilire le responsabilità delle numerose morti all’interno della facoltà.
Terranova ha fatto sapere che non si opporrà alla richiesta di archiviazione, ma si riserverà di richiedere la riapertura delle indagini dopo la sentenza del processo che si svolge oggi al tribunale etneo. «Speriamo che questa epidemia cessi – ha concluso il legale – Così come gli atteggiamenti di noncuranza da parte di coloro i quali hanno l’obbligo di presiedere la sicurezza dei nostri figli quando vanno a studiare».