Inaugurata sabato 28 aprile la mostra 'A me terra di Agata Annino, dottoranda del "laboratorio dei veleni" di Catania, morta di cancro sette anni fa. Negli anni della malattia la giovane aveva scoperto la passione per la fotografia. E progettava questa esposizione, oggi realizzata dalla sua famiglia. Che ora spera di ottenere giustizia nel processo per disastro ambientale che coinvolge docenti e dirigenti dell'ateneo catanese
Farmacia, in mostra gli scatti di una vittima «Durante la malattia fotografava la vita»
Una sala gremita al Palazzo della Cultura per l’inaugurazione della mostra fotografica A me’ terra, esposizione fotografica di Agata Annino, una delle vittime del Caso Farmacia. Ad organizzare tutto è stata la famiglia che, a sette anni dalla scomparsa della giovane dottoranda, la ricorda come una ragazza che amava il creato in tutte le sue manifestazioni, dalle meraviglie dei paesaggi alle bellezze architettoniche della sua Sicilia. Passione che immortalava nei suoi scatti.
«Fin da piccola amava fare fotografie – dice la madre, Maria Lopes – ma solo quando non poteva lavorare per via della malattia ha iniziato a dedicarsi con più attenzione a questa attività. Così dovunque lei andava, portava con sè la macchina fotografica. Pure durante le sedute di chemio o di radioterapia», continua la madre. «Agata non s’è mai arresa. E fino all’ultimo ha conservato tutto il suo amore per la vita».
Ora alcuni scatti scelti da lei, così come il titolo di ogni foto e quello dell’esposizione stessa, che da tempo pensava di allestire, sono in mostra al primo piano del Palazzo della Cultura fino al 5 maggio. «Un progetto che mi è costato molto portare avanti – dice la madre – ma che andava completato. Agata non era tipo da lasciare qualcosa incompiuta. Perciò a completarla ci pensiamo noi»: i genitori, Maria Lopes e Olindo Annino con la sorella e il fratello, che tra l’orgoglio e la commozione hanno mostrato le foto ai presenti.
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Agata non era una fotografa professionista ma nel progetto di questa mostra aveva impiegato i suoi ultimi due anni, prima di andarsene il 3 giugno 2005, stroncata da un tumore celebrale a soli 32 anni. «Quanto amo la mia terra. Com’è forte il bisogno di sentirmi a casa per stare meglio», scriveva in una sua personale annotazione mentre si trovata al Nord Italia per le cure mediche. «A Milano sto male ed ho anche capito il perché: mi manca la linea dell’orizzonte».
Orizzonte che adesso la sua famiglia scorge dentro le aule di tribunale, dove il prossimo 4 maggio si svolgerà un’altra udienza del processo per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata, che coinvolge docenti e dirigenti dell’Università di Catania. Con la speranza e la fiducia che per Agata e per quanti come lei si sono ammalati dentro la “facoltà dei veleni” possa essere accertata la verità e fatta giustizia.