Farmacia, i processi a una svolta

Mancano pochi giorni all’udienza preliminare, fissata per venerdì 8 luglio, che deciderà se rinviare a giudizio i 13 indagati del caso Farmacia, per i quali l’accusa ipotizza i reati gestione non autorizzata di discarica, disastro ambientale, falso ideologico e turbativa d’asta. Ma ora la Procura intende entrare nel vivo del secondo procedimento aperto sullo stesso caso, nel quale viene ipotizzato il reato di omicidio colposo plurimo aggravato. Lo ha comunicato l’avvocato Santi Terranova, legale di alcune famiglie delle vittime, durante la conferenza stampa convocata venerdì scorso alla libreria Tertulia di Catania. “Collateralmente al procedimento che vedrà il suo inizio con l’udienza preliminare dell’8 luglio, il pm Lucio Setola si è determinato a chiedere l’incidente probatorio nell’ambito del secondo procedimento. L’incidente probatorio servirà ad accertare un nesso di casualità fra la situazione ambientale accertata e le numerose malattie neoplastiche che sono state riscontrate”.

La conferenza stampa, oltre che a dare notizia della novità, è servita a fare il punto sull’intera indagine e sulle intenzioni dei vari soggetti intenzionati a chiedere giustizia. Venerdì 8, davanti al Gup, è prevista la costituzione di parte civile delle famiglie delle vittime e delle persone che hanno riscontrato patologie tumorali verosibilmente collegabili all’inquinamento dei laboratori a Farmacia. A queste si aggiungono anche l’associazione Cittadinanzattiva e il sindacato Cgil che, rappresentate all’incontro rispettivamente dall’avvocato Presti e Iannello, chiederanno di essere ammesse al procedimento come parte civile.

L’udienza di venerdì è il punto di arrivo di una lunga attività di indagine che ha previsto anche un incidente probatorio, svolto nel 2009 per accertare l’inquinamento dell’edificio 12 della Cittadella Universitaria. “I risultati dalla perizia confermano che quel sito è stato inquinato da sostanze altamente cancerogene e accertano una sottovalutazione del rischio chimico fatta per quei locali da parte dell’Università. Valutazione del rischio che da “moderato” avrebbe dovuto essere  riferito come “medio alto”. Questo avrebbe infatti consentito e imposto, in base alla leggi vigenti, di svolgere attività di prevenzione come controlli sanitari periodici che – continua l’avvocato Terranova – avrebbero permesso di prevenire molte delle malattie che sono state riscontrate”.

A chiarire le presunte relazioni tra le sostanze cancerogene riscontrate nella perizia giudiziaria emersa dall’incidente probatorio e i numerosissimi casi di patologie neoplastiche (almeno una quarantina), è stato durante la conferenza stampa il professore Giacinto Franco, esperto di danni alla salute causati dall’esposizione a polveri sottili di metalli pesanti come quelli riscontrati nella perizia.   

A volere l’incontro con i giornalisti sono stati anche i familiari delle vittime. Tra questi Maria Lopes, mamma di Agata Annino, ex studentessa e dottoranda ricercatrice di Farmacia, morta 6 anni fa per un tumore celebrale. È stata proprio lei a rompere il silenzio in sala: una timida voce di madre spezzata dal dolore quando dice: “Mia figlia è stata là dentro 6 anni. Certe volte tornava a casa dopo le 9, le 10 di sera per terminare i suoi esperimenti. Lavorava, ha fatto ricerca per un vaccino contro i tumori… All’inizio non volevo credere che in un laboratorio universitario potessero succedere certe cose. Ma quando è stato accertato il livello di inquinamento tutti i dubbi che avevo sulla morte di mia figlia sono spariti e mi sono decisa. Mi sono chiesta come mai nessuno parlasse di questo caso. I nostri figli erano forse da buttare? Nessun figlio è da buttare. Noi adesso andiamo avanti soprattutto per Agata, perchè abbiamo rispetto della vita e vogliamo giustizia, vogliamo che si appuri finalmente la verità”. A prendere la parola è stato poi Lucio Lanza, anche lui ex studente ed ex ricercatore di Farmacia. “Ho una forma particolare di leucemia”, ha spiegato, “la tricoleucemia, che si contrae in maniera quasi esclusiva con l’esposizione a sostanze chimico organiche”.

È poi stato il turno del professore Ennio Bousquet, direttore del dipartimento farmaceutico dell’Università di Catania dal 1999 al 2002, anni cui fanno riferimento le indagini giudiziarie, eppure uno dei pochi della struttura a non essere parte in causa del procedimento penale. “Il dipartimento di scienze farmaceutiche, come la maggior parte dei locali di ricerca universitari, non lavorava in sicurezza ed io ho più volte fatto presente e segnalato i vari disservizi. Disservizi che sono sempre stati affrontati con semplici “interventi tampone”. Poi ancora: “Non si è parlato di rischio di inquinamento da agenti radioattivi ma negli istituti di natura biologica e non chimica è frequente l’uso di sostanze radioattive per effettuare sperimentazioni di farmacocinetica. Solo un certo numero di pubblicazioni, infatti, consentono a ricercatori e docenti di partecipare ai concorsi che permettono di salire di livello. Le norme per lavorare in sicurezza c’erano ma spesso per necessità di carriera non venivano rispettate”.

Sulla prosecuzione delle indagini il professore ha aggiunto: “Temo che questa storia, come tante in questo Paese, si risolverà in un nulla di fatto, ma sono certo che potrà almeno garantire l’adeguamento delle strutture e il rispetto delle norme per il futuro”. Affermazione raccolta dall’avvocato Terranova che ha chiuso così: “Un risultato importante l’abbiamo già ottenuto con il miglioramento delle condizioni di lavoro attuale degli studenti. Colgo le parole del professore come un ulteriore stimolo ad andare avanti. Qualcuno dovrà spiegare l’alto tasso di malattie neoplastiche a Farmacia”.

Federica Motta

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