Il presidente del Senato Pietro Grasso ha ricordato il trentennale della sentenza ad apertura della cerimonia di commemorazione del 24esimo anniversario della strage di Capaci
Falcone, suo ricordo nel solco del maxiprocesso «Monumento giuridico, sancì esistenza mafia»
«La sentenza definitiva è un monumento giuridico e storico, perché sancì l’esistenza della mafia, divenne un fatto acquisito. Fu un grande capolavoro di Falcone, Borsellino e di tutti i magistrati che hanno lavorato a quel processo». Con queste parole il presidente del Senato Pietro Grasso, ha ricordato il trentennale della sentenza del maxiprocesso, ad apertura della cerimonia di commemorazione del 24esimo anniversario della strage di Capaci e di via d’Amelia nell’Aula bunker del carcere Ucciardone, a Palermo. La manifestazione, che quest’anno si intitola #PalermoChiamaItalia, ha visto una partecipazione massiccia degli studenti delle scuole italiane, oltre 50 mila ragazzi che oggi hanno invaso le piazze della legalità di otto città: da Milano a Palermo, passando per Bari, Gattico, Firenze, Napoli, Pescara, Barile e Roma. Organizzata dal Miur, anche quest’anno l’Aula bunker è stato il palcoscenico per rinnovare il ricordo e la memoria del sacrificio dei magistrati Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, tutti uccisi dalla mafia. Tanti i rappresentanti delle Istituzioni, della magistratura e del governo nazionale e regionale, che hanno dato il proprio contributo per trasmettere i valori antimafia alle nuove generazioni.
A partire dalla seconda carica dello Stato che in occasione del trentennale del maxiprocesso lo ha ricordato come un momento che ha fatto da spartiacque nella lotta alla mafia di questo Paese: «Allora c’era un clima di tensione -ha detto rivolgendosi ai ragazzi Grasso che allora era giudice a latere – quando uscii da quella porta mi prese un nodo alla gola, vedendo gli avvocati, i giudici, gli imputati tutti dietro le sbarre. C’erano oltre 500 giornalisti, gli occhi del mondo erano puntati su Palermo e dietro c’era tanto lavoro dell’ antimafia, dei giudici Falcone e Borsellino. Abbiamo ripassato tutto fino alla notte prima, per non sbagliare nulla. Eravamo presi da questo ruolo, e iniziò quella che fu una grande avventura». Tanta commozione anche per la sorella del magistrato antimafia Maria Falcone: «Mi emoziona sempre entrare in questa Aula dove è cominciato il più grande processo penale del mondo. Ha significato il riscontro di un metodo giudiziario nuovo ma sappiamo anche che accanto a quei 19 ergastoli ai boss e gregari dei boss nacque la sentenza di morte per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: per noi quell’evento significa la morte dei nostri cari ma anche la rinascita del nostro Paese».
Un riconoscimento a quella storica sentenza, è giunta anche da parte del ministro della Giustizia Andrea Orlando per il quale «rappresenta un patrimonio per tutti noi. Per anni l’esistenza della mafia è stata negata da politici, magistrati, uomini della chiesa e pezzi della società. Da quel momento in poi non è stato possibile negarlo. E questo è il presupposto fondamentale per fare quello che stiamo facendo ogni giorno: non lesinare mai risorse nella lotta alla mafia e non abbassare mai la guardia. E’ importate dirlo ai ragazzi -ha proseguito- ci sono state generazioni di giovani dove la lotta alla mafia era una parola che veniva pronunciata a voce bassa. Oggi il fatto che le scuole siano qui -ha conclso- e il regalo più bello di quella sentenza che ci ha consegnato Giovanni Falcone».
Un invito alla politica, a mantenere le loro liste pulite lontano da contaminazioni con il potere mafioso, lo ha lanciato la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi: «La mafia è ovunque e continua ad avere rapporti con la politica perché continua a fare affari. Le elezioni amministrative sono l’occasione straordinaria per fermare la mafia che ha scelto le amministrazioni locali come varco privilegiato per corrompere la politica e le amministrazioni. Come Commissione parlamentare abbiamo posto sotto osservazione i Comuni sciolti per mafia che andranno al voto. Ma ai politici che devono selezionare la classe dirigente diciamo che vincere con i voti della mafia vuol dire non governare. Per questo facciamo a tutte le forze politiche un appello: se si accorgono della presenza nelle loro liste di persone poco trasparenti, sono ancora in tempo per cambiare. E i cittadini sono in tempo per fare scelte giuste»