La faida nei Cursoti milanesi e la disperazione di Piterà: droga, soldi e i figli che non sanno «volare»

Una comitiva allo sbando più che una strutturata rete criminale all’ombra di Cosa nostra. Dalla sua cella, Gabriele Giuseppe Piterà non smette di impartire ordini, indicazioni, persino strategie di marketing criminale. Ma più che un capobanda, leggendo le carte dell’inchiesta Cerbero sui Cursoti milanesi, sembra un padre sull’orlo di una crisi di nervi. Colpa dei due figli, Rosario e Giuseppe, che lo esasperano a causa della loro incapacità nel tenere in piedi il traffico di droga nel rione San Berillo nuovo di Catania. E ai tentativi di mettere ordine, secondo la ricostruzione degli inquirenti, coincide anche una situazione di forte fibrillazione all’interno del clan, spesso con personaggi imparentati tra di loro.

La gestione dal carcere del traffico di stupefacenti, secondo gli inquirenti, assume «maggiore concretezza» il 17 gennaio del 2022 quando Piterà suggerisce a Gabriele Strano di affittare una casa: «Ce l’hai una casa? Affitta una casa… mettigli due telecamere, gli siedi uno… e voli! Parla con mio figlio, siediti con mio figlio, una cosa privata, tu e mio figlio…ah si piglia a… a prezzo di capitale». Che le cose fuori dal carcere non andassero proprio bene non era un mistero. A parlare è sempre Gabriele Giuseppe Piterà, ma questa volta con Raimondo Signorelli: «Come mai non ce la fate a volare? Bah… ma prendetevi quattro legni nelle mani, fate gli impazziti». Tra i tanti aggiornamenti riservati a Piterà c’è quello che il 22 gennaio viene fatto da Alfio Cristian Licciardello e dal figlio Giuseppe Piterà. I due dialogano sulla scarcerazione di «quello di sopra», indicando Francesco Di Stefano, uscito di prigione per motivi di salute. Piterà dice al figlio di «mandare un bacio» a Di Stefano, specificando che «gli devi dire che lo amo tanto» ma anche che quello che sta facendo «suo fratello Melo non mi sta piacendo». Saluti e moniti che però avrebbero dovuto essere fatti di presenza, raggiungendo Di Stefano in Lombardia. In un gruppo che sembra non brillare proprio in termini di affari e intraprendenza si registra anche l’arresto di Graziano Coco, trovato dai carabinieri con oltre un chilo di marijuana e 100 grammi di cocaina. E c’è poi il problema di come si muovono i figli di Piterà. «A quello della via Sardegna, a quello alto, gli salite a casa: “Mio compare… o alzi il piede o altrimenti levi mano” e gli togli tutte cose», spiega il detenuto al figlio Rosario. «Gli devi dire “Qua dobbiamo mangiare” che facciamo, tu guadagni diecimila euro a settimana e qua moriamo di fame? Scusa».

Piterà avrebbe preteso di raggiungere un guadagno di 3000 euro a settimana, ma dall’altro lato del telefono gli viene spiegato come l’obiettivo non sarebbe stato facile da raggiungere. «Vedi che si stanno riempiendo tutti il culo... quanto ti voglio bene a te, se lo stanno riempiendo tutti il culo e noi restiamo sempre con il dito nel culo perché é così, ascolta a me», gli spiega Signorelli. A questo punto l’idea sarebbe stata quella di parlare con i fratelli Alfio Cristian e Giuseppe Licciardello. Per riuscirci, l’uomo detenuto avrebbe incaricato il figlio di procurare un telefono nuovo. «Stanno facendo spendi e spandi… chi si affitta motocicletta, chi si affitta qua…chi si affitta là, e le persone muoiono di fame». «Non fare mangiare troppi cristiani (persone, ndr) – dice al figlio – non c’è bisogno di cento cristiani, dagli 100 euro ciascuno al giorno». Il problema vero, però, sarebbe stato anche cosa farne dei soldi contanti. Per questo motivo, Piterà suggerisce al figlio, secondo le accuse, di comprare una macchina da 20mila euro, da pagare a rate da 1000 euro al mese: «Io gli darei mille euro a settimana, pure che mi tolgo da mezzo la minchia i soldi conservati». «E che ti sto dicendo – specifica il padre – poi te la vendi e sono soldi liquidi, ci puoi perdere mille o duemila euro». «Noialtri dobbiamo vedere lungo… no corto. Dobbiamo pensare pure per domani», insiste l’uomo dal carcere.

I figli però sono la sua disperazione. In un dialogo, risalente a fine febbraio del 2022, il detenuto ne affida la gestione e gli affari a Giuseppe Agatino Ardizzone. «Mbare ci sto parlando io come se fossi tu, direttamente, tu lo sai, io tipo che sei tu ci sto parlando a loro, vita», spiega al detenuto. A questo punto, l’uomo sottolinea l’incapacità dei due fratelli Piterà nel reinvestire i soldi della droga. «Guarda tuo nipote (Giuseppe Piterà classe 2000, ndr) ha il noleggio, Cristian ha l’ecobolle, io ho la pizzeria, voi cosa avete?», «Niente, la fame». Un lungo elenco di lamentele alle quali si aggiunge anche uno sfogo, sempre al telefono, di Carmelo Distefano, pure lui detenuto. L’interlocutore è il cugino Gabriele Giuseppe Piterà e l’oggetto della discussione sono Pietro Licciardello e i figli Giuseppe e Alfio Cristian, conosciuti come Peppolino e Merluzzo. «Sono sbirri, non solo non mi pensano e mi dovrebbero pensare… sono cattivi… Io mi sono mosso, io gli ho liberato il quartiere, cornuti e sbirri che sono, non potevano dire neanche pio». «Io ho preso 20 anni di galera per niente», rincara la dose Piterà. Confronto che però fa dei forti attriti interni.

Il 24 marzo del 2022 qualcuno spara verso l’abitazione di Giuseppe Licciardello, in via La Marmora. Episodio che ha portato a individuare Giuseppe Piterà (classe 2000 e figlio di Concetto Piterà) e Gabriele Strano come gli autori. Per vendetta qualcuno spara un colpo di fucile poi verso il negozio del padre di Strano: «Mi ha sparato, o papà, mi ha sparato nel negozio per animali, in corso Indipendenza, con il fucile, dal motorino. Non lo so con chi era». I Licciardello, a questo punto, avrebbero scelto di staccarsi dalla famiglia e «camminare» da soli, cercando senza successo un avvicinamento al gruppo di Ciccio Ieni e dei Pillera. La questione viene affrontata al telefono tra Gabriele Giuseppe Piterà e Giuseppe Licciardello. «Io sono rimasto come un cesso – si lamenta Licciardello – a me avete fatto i soprusi più brutti, anche a mia madre ci sono passati dentro il negozio con tutto il motorino, i primi i tuoi figli… ma dico anche con le femmine?». «Io per te l’ho buttato dalle scale a mio zio Concetto Pitarà, per rispetto tuo. E il rispetto tuo verso i miei confronti dov’è?». «Avete diviso la famiglia, avete diviso tutte cose».


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