I texani Explosions In The Sky perseguono la strada più agevole, quella di una formula parecchio rodata ma che adesso mostra la corda, al quarto lavoro in studio che non mostra sostanziali mutamenti rispetto a quanto proposto dal four-piece in passato.
Explosions In The Sky – ‘All Of A Sudden I Miss Everyone’
TRACKLIST:
- The Birth And The Death Of The Day
- Welcome. Ghosts
- It’s Natural To Be Afraid
- What Do You Go To Home
- Catastrophe And The Cure
- So Long, Lonesome
Quello degli Explosions In The Sky è un film che abbiamo già visto altre volte. Sappiamo come inizia e come finisce, la nostra conoscenza della trama è a dir poco minuziosa. Non stupisca quindi se, mettendo il dischetto a girare nella piastra dello stereo, un insistente senso di dejà-vù rigurgiterà da qualche angolo della stanza.
Il quartetto texano torna a due anni da How Strange, Innocence mantenendo intatto in maniera che più ortodossa non si può il proprio trademark. Con un’immagine di copertina a metà tra l’espressionismo carico della Notte Stellata di Van Gogh e i riflessi di luce su di un crespo pavimento d’acqua del Monet di Impressions Du Soleil Levant, il quarto album in studio degli Explosions In The Sky propone la formula che ha reso celebre il nome del gruppo: partenze timide con arpeggi appena sussurrati che si sovrappongono per generare un reticolo denso di melodiosi giri post-rock, cui si aggiungono progressivamente nuove figure melodiche, salendo inesorabilmente verso l’alto in maestosi crescendo, fino a deflagrare in accecanti e sognanti voli d’uccello, per poi spegnersi d’improvviso, planare verso il selciato e risalire in un ciclico altalenare.
All Of A Sudden I Miss Everyone è tutto qui, nulla più, nulla meno. La trance estatica degli EITS non genera più gli effetti di qualche anno fa. Vuoi perché i Godspeed You! Black Emperor rimangono i campioni del post-rock orchestrale/strumentale, vuoi perché il genere, di per sé mostra la corda e le uniche vie di salvezza giungono dalla osmosi con progressive-rock e post-hardcore.
Fossi in voi volgerei la mia attenzione verso decisamente migliori voli pindarici, come quelli di Pelican, Red Sparowes, Rosetta, Russian Circles, giusto per fare qualche nome. gruppi che col post-rock hanno dei flirt parecchio consistenti (pur non rientrando totalmente nell’accezione) e che possiedono una componente descrittiva e votata al viaggio sonoro assolutamente superiore. Cosa che, a confronto, fa impallidire i texani, i quali ci propongono l’ennesimo remake di cui non sentivamo la mancanza.