«Superare l’attuale modello incentrato sul Parco dell’Etna per approdare a una governance territoriale finalmente integrata fra tutte le istituzioni competenti». È l’auspicio di Aurelio Angelini, sociologo dell’Università di Palermo ma anche direttore della fondazione Unesco Sicilia, riguardo al futuro del monte Etna in veste di sito patrimonio dell’umanità. Un’idea che chiude un’analisi severa sull’attuale situazione alle falde del vulcano e che arriva in un momento particolare. Tiene banco, infatti, la pronuncia dell’autorità Antitrust sui problemi di tutela della concorrenza nella gestione dell’accesso alle zone sommitali della montagna nel dibattito che coinvolge i centri di Linguaglossa, Nicolosi e Castiglione di Sicilia. Intanto l’avvio della stagione escursionistica estiva si avvicina, chiamando a decisioni rapide dal punto di vista delle modalità di affidamento dei servizi di trasporto turistico in quota. «Il garante ci ha dato una nuova occasione per riflettere su come mettere effettivamente a valore un patrimonio inestimabile – ragiona Angelini – nell’ottica di un sistema di fruizione da uniformare ai criteri Unesco e senza ripetere gli errori del passato».
Sebbene però siano già passati quasi tre anni dall’inserimento dell’Etna nella World heritage list, restano ancora molte tappe da percorrere, con lo spettro di una revoca dell’iscrizione che – come ribadisce più volte lo stesso studioso – non è un’ipotesi del tutto infondata. Per Angelini «c’è grande carenza di servizi e il riconoscimento Unesco rischia di rimanere un’opportunità sprecata senza le basi per un’economia del turismo solida e matura nell’area etnea, possibile solo attraverso un reale coordinamento tra sito Unesco e innanzitutto le istituzioni pubbliche che gravitano su esso». Per farlo, occorre colmare proprio una delle prescrizioni dell’agenzia Onu sinora disattese, cioè l’istituzione di un Comitato di gestione dell’Etna sito Unesco, «la cabina di pilotaggio che manca, capace di mettere assieme enti e risorse attorno ad un sistema di fruizione unico per il vulcano, concentrandosi su servizi e infrastrutture».
Sul progetto sarebbero già al lavoro diversi sindaci dei Comuni del territorio pedemontano, con il via libera dell’assessorato regionale del Turismo retto da Anthony Barbagallo, e a giorni dovrebbero esserci novità concrete sul fronte della sua nascita. Il comitato è un ente già attivo ad esempio per il sito Unesco Palermo arabo-normanna e riunisce il Comune panormita, i diversi assessorati regionali competenti, la prefettura e alcune fondazioni. Al gruppo spetta il compito di redigere il piano di gestione che l’Unesco reclama per ogni area dichiarata patrimonio dell’umanità. Ma su questo punto c’è da tenere in conto lo stesso Parco dell’Etna che, fin dal 2013, rivendica per sé il ruolo di terminale della valorizzazione del vulcano anche in chiave Unesco. «L’ente Parco svolge una funzione importantissima, ma la sua missione per natura è limitata – incalza Angelini – Come si può programmare lo sviluppo dell’Etna senza coinvolgere la città di Catania o le università?». Il comitato non sarebbe «un nuovo fardello», ma lo strumento utile a realizzare «quella governance unitaria che ci serve soprattutto per avere tutte le carte in regola per l’acquisizione dei fondi europei 2014-2020».
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