È cominciata nella notte tra lunedì e martedì, e sembra essere stata accolta tiepidamente da studiosi e cittadini. Eppure, l'attività di questi giorni «ha una portata probabilmente superiore a 40-50 metri cubi di lava al secondo», spiega Carmelo Ferlito, docente di Unict. Unico testimone diretto che ieri è sceso nella valle del Bove. Guarda le foto
Etna, il vulcanologo Ferlito sull’eruzione «Un evento da non sottovalutare»
«Se continuasse così, potrebbe essere una delle eruzioni più importanti degli ultimi anni». Carmelo Ferlito, vulcanologo e docente dell’Università di Catania, ieri è andato di persona a pochi metri dalle lave per vedere lo spettacolo preferito dai catanesi. L’Etna è tornata in attività nella notte tra lunedì e martedì ma questa volta l’eruzione sembra essere stata accolta tiepidamente da studiosi, mezzi di informazione e cittadini. Un’occasione da non perdere, invece, almeno a giudicare dai racconti e dalle spiegazioni dell’esperto, che ieri è sceso dentro la valle del Bove. Unico esperto-testimone diretto di questi giorni. I cittadini che volessero andare a vedere di persona, invece, dovranno accontentarsi di alcuni punti sulla mare-neve o del rifugio Citelli, il posto più vicino al cratere di Sud est senza camminare.
Secondo il bollettino dell’istituto di geofisica e vulcanologia di Catania, «per tutta la notte è stata ben visibile la colata lavica nella parte nord-orientale dell’Etna – si legge – che continua ad essere alimentata e alla quale si è aggiunto un secondo flusso lavico che ha raggiunto e superato Monte Simone, a 2.082 metri, circondandolo da nord a sud». Intanto il flusso è arrivato a 1800 metri. Il braccio lavico principale si è poi diretto verso la porzione centrale della valle del Bove. Ed è lì che gli è andato incontro Ferlito, a due metri dal braccio piccolo della colata. «Mi sono reso conto che la portata dell’eruzione è enorme», spiega a MeridioNews, riferendosi al volume di lava eruttata nel tempo.
Un dato importante, se confrontato con le attività dell’Etna degli ultimi 14 anni. Da un lato, «ci sono stati per lo più tassi di emissione molto piccoli, con una portata di alcuni metri cubi al secondo, meno di dieci, che durano mesi», spiega il docente. Come a cavallo tra il 2004 e il 2005 e il 2008 e il 2009, «quando l’eruzione è durata per sei mesi nel primo caso e un anno nel secondo». «Oppure siamo abituati ai parossismi – continua -, emissioni associate a fontane di lava estremamente violente, con una portata di 200-300 metri cubi al secondo, ma dalla durata di qualche ora». In questi giorni invece, secondo la stima del docente, si sta assistendo a un’eruzione dalla portata «probabilmente superiore a 40-50 metri cubi da oltre due giorni», spiega Ferlito. Una stima per difetto, data dall’esperienza, considerato il buio e l’impossibilità di misurazioni reali.
«Di solito, per stimare la portata bisogna andare vicino alla bocca – racconta il docente – Si va vicino alla colata, si prende una corda di una lunghezza nota e la si fissa tra due pali. Fissando un punto esatto della lava che scende, come un masso grande, si calcola con un cronometro quanto tempo trascorre dal suo passaggio all’inizio della corda a quello alla fine». Avendo lunghezza e tempo, è possibile calcolare la velocità della colata con una discreta affidabilità. Così come la larghezza del canale. «A questo punto manca solo la profondità della colata, che di solito si stima a due-terzi dell’altezza argine», spiega ancora il vulcanologo.
Che tornerà presto dentro la valle del Bove di cui intende analizzare anche campioni della lava appena emessa. «Si tritura e se ne ottiene una polvere sottile, che viene analizzata per capire quali sono gli elementi presenti – conclude Ferlito – Insieme al confronto con le analisi delle lave precedenti si vede se ci sono cambiamenti, se un certo elemento o una data fase minerale stanno aumentando rispetto ad altre. Si tratta di un filone di ricerca che si chiama petrologia e che serve a capire quali sono i modi con cui la lava risale dal mantello fino alla superficie, cioè a noi».