Esattorie siciliane tra veleni e polemiche

Più che un’interrogazione sembra un’inchiesta. Tema: le esattorie. Questione sempre spinosa, in Sicilia, dalle gestioni delle famiglie Salvo (Nino e Ignazio) e Cambria fino ai nostri giorni.

Che succede dalle nostre parti? Che la gestione di questo settore sarebbe in crisi. E che sarebbero in corso ‘operazioni’ da parte del governo regionale. In effetti, nella manovra finanziaria approvata dall’Ars c’era anche un emendamento del governo sulle esattorie. Che, però, è stato precipitosamente ritirato nella notte tra il 17 e il 18 aprile.

Per capire quello che sta succedendo leggiamo insieme questa interrogazione che porta la firma dei senatori siciliani del Pdl Serra, Firrarello, Fleres, Alicata, Burgaretta, Centaro. L’interrogazione è rivolta al ministro dell’Economia.

Nell’atto ispettivo si ricorda che il settore, in Italia, è stato riformato con l’art. 3 del decreto-legge n. 203 del 2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248). Una riforma nata dalla necessità di ridurre l’alta evasione da ruoli. Semplificando, possiamo dire che la gestione dei tributi oggi è di competenza dello Stato.

E in Sicilia? Con la legge regionale n. 35 del 1990 è stato deciso di non discostarsi dal resto del territorio nazionale, ma di operare in armonia con Roma. A questo mira l’ultimo intervento legislativo regionale (concretizzatosi nell’art. 2, commi 1-10, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19) con la quale, tra l’altro, leggiamo nell’interrogazione, “è stato recepito l’art. 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, contenente la riforma statale del servizio di riscossione dei tributi a mezzo ruolo con lo scopo evidente di assicurare l’armonizzazione dei sistemi di riscossione (nazionale e regionale) effettuando di conseguenza, l’adeguamento dell’ordinamento giuridico siciliano”.

Con tale legge regionale “è stata costituita la società ‘Riscossione Sicilia Spa’ che, attraverso la sua partecipata Serit Sicilia Spa, svolge l’attività di riscossione dei tributi nel territorio siciliano per conto dello Stato, della Regione e di tutti gli altri enti impositori che si avvalgono della riscossione tramite ruolo”.

Le due società, fino al 31 dicembre 2010, contavano la presenza, nel proprio pacchetto azionario, dell’ex gestore, la banca Monte dei Paschi di Siena. Nella società ‘Riscossione Sicilia Spa’ le quote azionarie erano cosi determinate: 36 per cento Regione siciliana, 24 per cento Agenzia delle entrate, 40 per cento banca Monte dei Paschi di Siena. Con il patto parasociale stipulato tra i due soci pubblici (Regione siciliana ed Agenzia delle Entrate) gli stessi detenevano la maggioranza della società.

Nella ‘Serit Sicilia Spa’ le quote azionarie erano così ripartite: 60 per cento ‘Riscossione Sicilia Spa’ e 40 per cento banca Monte dei Paschi di Siena. secondo quanto previsto dal citato decreto-legge n. 203 del 2005, al 31 dicembre 2010 i soci pubblici acquistavano le quote del socio privato trasformando le due società ad intero capitale pubblico.

Dall’1 gennaio 2011 la gestione delle due società è passata alla Regione, avendo la stessa la maggioranza del pacchetto azionario nella seguente misura: 60 per cento Regione, 40 per cento Agenzia delle entrate. Di recente l’Agenzia delle Entrate ha formalizzato la volontà di lasciare, cedendo la propria quota del 40 per cento, eccetto una quota percentuale del 10 per cento che verrebbe rilevata da Equitalia Spa.

Questo lo scenario delle società. A questo punto i senatori cominciano a entrare nel merito della gestione delle esattorie siciliane. E scrivono di un “peggioramento che non trova riscontro nei precedenti esercizi economico-finanziari”.

Segue un attacco politico ai gestori. Nell’atto ispettivo, infatti, si legge che la “presenza di amministratori nominati dal socio di maggioranza non forniti di adeguata preparazione settoriale, la mancata approvazione di un piano industriale, l’assoluta carenza di piani pluriennali di programmazione, l’inerzia o comunque il ritardo nell’applicare interventi straordinari di natura strutturale hanno fatto sì che, nel corso dell’esercizio 2011, si accumulasse una perdita di bilancio presumibilmente pari a 24 milioni di euro”. Perdite che, di fatto, secondo i firmatari dell’interrogazione parlamentare, azzererebbero “le riserve straordinarie della società, mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza (della società ndr), in considerazione del fatto che, pur con un notevole sforzo di recupero, le perdite previste per il corrente esercizio andrebbero ad erodere il capitale sociale con gravi ripercussioni sul servizio pubblico affidato alla struttura”.

“A parziale discarico delle responsabilità amministrative e contabili degli amministratori – leggiamo sempre nell’atto ispettivo – è doveroso aggiungere che, durante l’anno 2011, numerosi interventi normativi hanno limitato l’azione dell’agente della riscossione in tema di riscossione coattiva e il momento delicato della situazione socio economica non aiuta certamente l’attività di riscossione. Ad un’attenta riflessione, però, non può non evidenziarsi che, anche durante i precedenti esercizi, furono introdotte novelle normative che hanno ridotto la capacità esattoriale dell’agente ed anche il tessuto socio economico della Sicilia non è stato mai particolarmente florido”.

Dopo un’altra serie di condiderazioni sul sistema di riscossione e sui problemi del settore che interesserebbero tutto il sistema nazionale, arriva l’affondo: “Al di là dei limiti di competenza da ascriversi agli attuali amministratori, sembrerebbe, tuttavia, che il Governo regionale siciliano abbia un interesse specifico nel voler eliminare, così com’è oggi strutturata, la società di riscossione. Tale affermazione è fondata sulla volontà espressa dal Governo regionale e dalla stessa Assemblea (il riferimento è al parlamento dell’Isola ndr) con l’enunciazione di provvedimenti legislativi”.

Qui si entra nel cuore di una possibile operazione i cui risvolti sono tutti dadecifrare. Si cita la legge regionale del 12 luglio 2011 n. 11 con la quale è stato modificato il comma 2 dell’art 2 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19. Ecco il passaggio più ‘delicto’: “Dopo le parole ‘comma 3’ sono aggiunte le seguenti: ‘o altra società successivamente operante nell’area strategica servizi di riscossione dei tributi a seguito del riordino delle società a totale o maggioritaria partecipazione regionale di cui all’art. 20 della l.r. 12 maggio 2010 n. 11”. Da qui la domanda: sarebbe in arrivo, in Sicilia, una nuova società di riscossione dei tributi?

“Non si comprende perché il legislatore (regionale ndr) – leggiamo sempre nell’interrogazione – abbia voluto modificare la legge per prevedere l’opportunità di individuare un soggetto diverso dall’attuale per la riscossione dei tributi, atteso che il processo di fusione per incorporazione inversa tra le due società prevede il trasferimento della titolarità della riscossione in capo a Serit Sicilia Spa, come deliberato dagli organi amministrativi delle due società; così come non si comprende la presentazione di due disegni di legge n. 859 e n. 871 da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea regionale nell’ambito della manovra finanziaria del 2012, volti a modificare i criteri stabiliti da norme nazionali per la gestione della riscossione relativa ai pagamenti e alle procedure esecutive/cautelari”.

L’interrogazione è stata presentata qualche giorno prima che Sala d’Ercole discutesse e approvasse la manovra finanziaria. E infatti, come abbiamo scritto all’inizio, l’emendamento del governo regionle è stato ritirato. A questo punto, non sappiamo se la volontà del governo regionale ‘interpretata’ dagli autori dell’interrogazione sia ancora in piedi (per completezza d’informaizione va detto che Governo regionale e Ars avrebbero voluto discutere e approvare alcune modifiche sulla gestione dei tributi, anche sulla scorta della protesta del Movimento dei ‘Forconi’; ma, a una legge che avebbe potuto essere impugnata, hanno preferito una trattativa con Roma).

“Sembrerebbe che il Governo regionale – leggiamo sempre nell’interrogazione – salvo diversa interpretazione che solo lo stesso può fornire, manifesti l’interesse a voler modificare l’attuale assetto organizzativo e societario della riscossione dei tributi in Sicilia per poter gestire liberamente tale potestà, anche non in conformità con il resto del territorio nazionale. Appare chiaro – aggiungono i senatori del Pdl eletti in Sicilia – che tutto questo non trova rispondenza nelle pronunce della Corte costituzionale che, in varie occasioni, ha ribadito che, pur in presenza di una maggiore autonomia delle Regioni a Statuto speciale, non può negarsi la necessità di un coordinamento del sistema tributario generale in capo allo Stato, proprio al fine di garantire l’omogeneità e l’unitarietà, nel rispetto delle differenze, su tutto il territorio nazionale”. Perché solo “attraverso il coordinamento è possibile realizzare la giustizia e l’uguaglianza effettiva del trattamento tra tutti i cittadini, principi fondamentali costituzionalmente garantiti, nonché strumenti assolutamente necessari per assicurare l’equilibrio politico ed economico nel Paese; solo in tal modo, inoltre, è possibile assicurare la coerenza ed il rispetto dei principi contenuti nella Parte I della Carta Costituzionale”.

L’interrogazione si conclude con le domande rivolte al ministro dell’Economia:

si chiede di sapere se il ministro ritenga opportuno eseguire delle verifiche, per gli aspetti di propria competenza, in merito:

1) alle reali intenzioni del Governo regionale siciliano con riferimento all’attuale situazione societaria in considerazione del fatto che il ripianamento delle perdite subite sono a carico, in relazione alla propria quota azionaria (40 per cento), delle finanze statali;

2) agli eventuali piani d’intervento che il Governo regionale abbia posto o vorrà porre in essere per rendere efficace ed efficiente la riscossione dei tributi sul territorio regionale;

3) ai motivi per cui un componente del collegio sindacale di Serit Sicilia Spa, pur avendo subìto una condanna a pena detentiva per reati patrimoniali (falso in bilancio), commessi a danno di una società pubblica e in spregio alle previsioni di cui al Testo unico bancario (di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993) in tema di requisiti, continua ad esercitare le sue funzioni, con contezza dei fatti sia da parte degli amministratori della società sia da parte dell’assemblea dei soci;

4) al ruolo che l’Agenzia delle entrate o la società Equitalia Spa vorranno assumere nella riscossione dei tributi in Sicilia.

Dall’alto vero il basso, foto dei senatori del Pdl Salvo Fleres, Roberto Centaro e Giuseppe Firrarello

 

Redazione

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