Società e liberi professionisti formati fuori dall'Italia forniscono consulenze per raggiungere il titolo di avvocato nei paesi comunitari. Intanto, a Catania, i mille e 200 candidati all'esame italiano aspettano da sei mesi i risultati della prova scritta
Esame d’avvocato, a breve i risultati degli scritti Mentre c’è chi pensa all’estero per l’abilitazione
Catania sarà tra le ultime Corti d’appello a rendere noti gli esiti dell’esame scritto d’abilitazione alla professione forense. Prevista per il 27 giugno, la pubblicazione dei risultati sta tenendo sui carboni ardenti circa mille e 200 laureati in Giurisprudenza che lo scorso dicembre hanno sostenuto la prima prova. Tra questi, molti hanno provato per la prima volta, ma c’è anche chi dopo i risultati poco entusiasmanti degli anni precedenti, è ormai al secondo o al terzo appuntamento. Tra le lamentele per le modalità di correzione e i lunghi periodi di attesa che intercorrono tra il giorno della verifica e la diffusione degli esiti. Intanto però nel capoluogo etneo c’è chi si organizza e fonda società di servizi che organizzano pacchetti full optional per evitare il tanto sudato passaggio e abilitarsi in paesi comunitari come la Romania o la Spagna. Dove le procedure per esercitare sono molto diverse.
«Dato che la disciplina comunitaria prevede, tra i suoi pilastri, la libera circolazione di mezzi capitali e servizi – spiega a MeridioNews uno dei tanti candidati che quest’anno hanno sostenuto l’esame – chi si laurea e si abilita in questi paesi è autorizzato a lavorare in Italia». Tutto ciò che bisogna fare è aspettare un periodo di tempo, detto di «omologazione» trascorso il quale l’ordine degli avvocati italiano prevede di poter iscrivere i colleghi «stranieri» in un apposito registro separato. Ma comunque valido per svolgere lavoro di tutela legale. «Queste realtà che stanno nascendo negli ultimi anni – continua l’aspirante avvocato – creano un circuito che fornisce servizi come la predisposizione di tutti i carteggi, il trasporto completo dall’aeroporto agli alberghi, la traduzione dei documenti e il contatto con i riferimenti all’estero». Ma c’è anche chi preferisce essere imprenditore di sé stesso e agire da solo.
Questo il caso di Giuseppe Asmundo, un giovane abogado (avvocato in spagnolo) abilitato in Spagna, che ha deciso di «fornire consulenza legale» a tutti coloro che vogliono seguire il suo esempio. I suoi grandi manifesti campeggiano da pochi giorni a Catania e nei paesi etnei, invitando chi legge a lasciar perdere l’esame italiano per «intraprendere la via europea». «Essendo abilitato in Spagna io so già qual è il percosso spagnolo per conseguire il titolo, ma conosco anche quello rumeno per diventare abocat – racconta Asmundo a MeridioNews – Molti ragazzi però non parlano bene la lingua, non conoscono le procedure. Per questo ho deciso di fare un po’ di pubblicità». «Non penso di voler fare una società, perché potrebbero esserci incompatibilità con la normativa italiana. Per questo fornisco consulenza legale che è assolutamente legittima».
Asmundo ha dei contatti con le università in Spagna, e in Romania con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati, perché lì è questo l’ente che rilascia il titolo. A chi pensa che questo sia un modo per sfuggire alla legislazione italiana, lui risponde: «La Corte di Giustizia europea ha stabilito che non vi è abuso del diritto, ma anzi, che chi acquisisce una formazione professionale all’estero non viola alcuna legge. Io infatti ho conseguito lì la laurea magistrale». Conviene dunque andare all’estero? «Beh sì, bisogna aspettare 18 mesi per la pratica, poi aspettarne altri sei almeno per i risultati, periodo in cui il candidato non sa se prepararsi per l’esame orale o studiare nuovamente per lo scritto». A essere messa alla sbarra è la modalità con la quale vengono corretti i compiti: «Mi permetto di avere dubbi sulla tipologia e sul modo in cui vengono effettuate le correzioni degli elaborati, a mio parere non oggettivo. Proporrei una riforma e non un’abolizione della verifica in Italia. Certo è che non è l’esame che ti permette di essere avvocato, non è quello che è formativo quanto più che altro la pratica sul campo».
Le critiche alle procedure di accesso alla professione, del resto, sono sempre più forti. Ma, secondo alcuni, nonostante tutto, quella prevista dal nostro ordinamento è l’unica soluzione per garantire la professionalità dei futuri legali. «L’esame di abilitazione, con tutte le sue criticità, rappresenta comunque uno strumento di tutela per garantire la professionalità di un avvocato – afferma un laureato in giurisprudenza – che è importante come quella di un medico, di un giornalista o di qualsiasi altro professionista». Le realtà che promuovono gli esami internazionali «da un lato denunciano un’esigenza più che legittima, cioè quella di cambiare le regole degli esami e delle modalità di correzione, che oggi appaiono spesso eccessivamente aleatorie, dall’altro – conclude – possono rappresentare un escamotage, un via di fuga, che potenzialmente potrebbe incidere sul tasso di professionalità degli avvocati. Con il rischio che il cittadino si trovi davanti una persona che non è in grado di tutelare adeguatamente i suoi interessi».