Claudio Fusto, dell'associazione Il pedale nel cuore, si trovava sulla sp 15 assieme a un gruppo di ciclo-amatori quando è stato affiancato da un uomo a bordo di una Fiat Multipla grigia. Dalla discussione dai toni accesi, che sembra placarsi, fino all'imprevedibile: un pugno in faccia e la rottura del timpano
«Ero in bici, mi ha tagliato la strada e mi ha picchiato» Ciclista malmenato da un automobilista a Ponte Barca
Erano le 7.45 del mattino del 22 maggio, sulla strada provinciale 15 – in territorio del Comune di Paternò – a poca distanza da Ponte Barca. Il ciclista di Motta Sant’Anastasia Claudio Fusto è insieme a un gruppo di amici dell’associazione Il pedale nel cuore quando un uomo a bordo di una Fiat Multipla grigia li affianca e, abbassando il finestrino del lato passeggero, inizia a insultarli. Una serie di parolacce e invettive, che si trasformano poco dopo in un’aggressione in piena regola di cui l’uomo, 47 anni, rimane vittima: timpano e zigomo lesionati, sopracciglio tagliato, trenta giorni di prognosi refertati dai medici dell’ospedale di Paternò. «La prima volta che ci ha affiancati, ho detto ai ragazzi di andare avanti. Lui ci ha insultati, noi abbiamo proseguito e lo abbiamo sorpassato, finché lui non ci ha tagliato la strada e non si è fermato completamente», racconta Fusto a MeridioNews, dopo avere reso nota la sua storia su Facebook e avere ottenuto la solidarietà anche di Alessandro Ballan, ex campione del mondo su strada.
Il gruppo di quattro ciclisti procedeva a circa 25 chilometri orari sulla strada provinciale e, in base alla ricostruzione, l’astio dell’automobilista era probabilmente dovuto alla difficoltà di superarli su una strada stretta per farlo agevolmente. «Lo premetto – continua la vittima – La nostra associazione è sempre attenta al rapporto con gli automobilisti: stavamo procedendo in fila per uno, ma la strada è dissestata e non eravamo del tutto allineati a destra semplicemente perché non era possibile. Ma lui ci ha superati due volte, quindi non era difficile farlo. Forse poco comodo, ma non impossibile». Quando l’uomo accosta, gli animi si surriscaldano. Uno del gruppo di cicloamatori prova a parlare con l’automobilista, ne nasce una discussione. Nel frattempo, il traffico si blocca e si crea una lunga coda.
«C’è stato uno scambio di parolacce, da ambe le parti, ma la situazione si è calmata anche grazie all’intervento di un camionista, che si è fermato e ci ha raggiunti per capire che cosa stesse accadendo, facendo da pacere». Gli sportivi sulle due ruote, quindi, ripartono. Così come l’uomo sulla Fiat Multipla. Poco dopo, però, una grossa pozza d’acqua in mezzo alla strada fa sì che il gruppo si smembri e Claudio Fusto rimane più indietro, da solo, per circa una quarantina di metri. «L’automobilista mi supera di nuovo, poi mi affianca e mi grida “Ora come ora t’ammazzassi”». Quindi sterza, tocca con la carrozzeria dell’auto il manubrio dello sportivo e lo costringe ad appoggiarsi al guard rail per non cadere. «Non mi sono accorto subito che quella sterzata, in realtà, era dovuta al fatto che si stava fermando, per scendere di nuovo – aggiunge Fusto – Avevo i tacchetti infilati nei pedali, la mano destra sul guard rail, dopo qualche secondo mi giro e mi arriva un pugno dritto in faccia».
Da quel momento in poi, lui registra solo parecchia confusione. «Mi sono sentito sott’acqua, è come se fossi entrato in una stanza vuota. Non potevo sapere che era dovuto alla lesione del timpano». Lui non prende la targa e non lo fanno neanche i suoi amici per un semplice motivo: la bicicletta di Fusto ha una telecamera attaccata sul manubrio che in quel momento, però, non è accesa. «Me ne sono reso conto solo più tardi, ero convinto che avesse registrato tutto – prosegue il 47enne – Sappiamo soltanto che era alto circa 1.85 e che la prima lettera della targa della sua macchina era la B». Ferito e in stato confusionale va in ospedale, a Paternò, e lì dopo una radiografia e una tac gli forniscono la prognosi.
«Quando sono uscito sono andato immediatamente dai carabinieri di Motta a presentare la mia denuncia. Mi hanno detto che proveranno a risalire al mio aggressore dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza piazzate nella zona». Ai carabinieri di Paternò, da cui dipendono quelli mottesi, però, questa denuncia non risulta. «Soffro di una malattia rara — conclude l’uomo — Per me andare in bici, oltre che una passione, è anche un modo per prendermi cura di me. Ora però è come se io avessi paura di farlo. Prendermi a pugni in quel modo è stata una carognata: non mi sarei mai difeso, perché non sono il tipo, ma avrei provato a parare il colpo se non fossi stato poggiato al guard rail. Lui invece ha agito quando io non potevo fare niente. E quando i miei amici erano lontani». Lui, spiega, non vuole trasformarla in una contesa tra ciclisti e automobilisti, perché è consapevole che chi è su due ruote debba rispettare il codice della strada tanto quanto chi va su quattro, senza intralciare gli altri viaggiatori. «Voglio solo dire che è stato un atto di violenza insensato. Non si può arrivare a questi livelli di odio nei confronti di chi sta sulla strada».