Enna, sostegno al clan per il monopolio del calcestruzzo Rapporti tra gli imprenditori e la mafia già dagli anni ’90

Appoggio economico all’organizzazione mafiosa di Enna e intermediazione per conto di altri fornitori della zona per il pagamento del pizzo in cambio della garanzia di controllare le forniture di calcestruzzo nel territorio. È questo il sistema ricostruito nell’operazione Cerberus che ha portato questa mattina all’arresto di Carmelo Bruno (classe 1960), indagato per associazione mafiosa e ritenuto il principale esponente della famiglia di Calascibetta di Cosa nostra, e dei due cognati imprenditori Giuseppe Di Venti (classe 1969) e Antonio Giuseppe Falzone (classe 1960), titolari di un impianto per la produzione di calcestruzzo e indagati per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrate diverse decine di migliaia di euro in contanti, decine di assegni di importo rilevante e diverse armi da sparo e munizioni

Bruno, componente sin dagli anni ’90 di una delle cinque famiglie mafiose presenti in provincia di Enna, sarebbe stato il referente dei due soci che avrebbero messo a disposizione, già oltre 30 anni fa, le loro qualità di imprenditori per favorire l’attività dell’organizzazione informando dello svolgimento di lavori edili sul territorio, sostenendola economicamente e facendo da intermediari tra l’associazione mafiosa e le altre ditte che eseguivano lavori edili pubblici e privati. Il tutto in cambio del sostegno per il conseguimento di forniture di calcestruzzo a danno di altre imprese e senza doversi attenere ai parametri concorrenziali. 

L’operazione, che è il proseguimento dell’indagine Goodfellas diretta dalla procura distrettuale antimafia nissena del giugno del 2017, ha ricostruito il consolidato sistema anche attraverso le testimonianze di diversi collaboratori di giustizia. È stato uno di loro a raccontare che l’impresa Falzone & Di Venti sarebbe stata costituita con l’appoggio della famiglia mafiosa di Enna, in particolare con l’aiuto economico di Antonino Timpanaro (ucciso in un agguato mafioso nel febbraio del 2000), considerato il braccio destro di Gaetano Leonardo, detto Tanu u liuni.

Da quanto riferito da un pentito, Di Venti già negli anni Novanta avrebbe pagato la somma di duemila lire a Leonardo per ogni metro cubo di calcestruzzo prodotto in cambio dell’assegnazione delle forniture. Inizialmente sottoposta al regolare pagamento del pizzo, secondo gli inquirenti, l’attività sarebbe poi stata esentata dopo l’intercessione di alcuni uomini d’onore. Il referente dei due imprenditori sarebbe poi diventato Carmelo Bruno, che avrebbe fatto da tramite anche con i vertici come il boss Salvatore Seminara.

Nella prima metà del 2000, una ditta che stava effettuando un lavoro a Grottacalda (tra Piazza Armerina e Valguarnera Caropepe) sarebbe stata fatta oggetto di attenzioni. In quella occasione, Di Venti avrebbe chiesto il sostegno di Giovanni Monachino – già allora uno degli uomini di maggiore prestigio mafioso in provincia di Enna e arrestato la scorsa settimana nell’ambito dell’operazione Kaulonia – ottenendo che la ditta non venisse più disturbata. In cambio, Di Venti avrebbe chiesto all’imprenditore di lasciare «un piccolo regalo». A garantire l’egemonia della ditta sarebbe stato anche Salvatore Cutronalonga manus del boss Seminara che, tra il 2013 e il 2015, avrebbe ammonito gli altri imprenditori a non effettuare forniture di calcestruzzo nel territorio di Enna. 

Dai racconti di altri collaboratori di giustizia, è stato possibile ricostruire anche alcuni episodi che testimoniano la caratura criminale di Bruno. Giovanni Fiorenza, referente della famiglia mafiosa di Leonforte, avrebbe preteso
da un uomo di Calascibetta la restituzione di una tangente riscossa da un
imprenditore del posto. Circostanza confermata dalle immagini di videosorveglianza, acquisite durante l’
indagine Homo
Novus e provenienti dall’autolavaggio gestito da Fiorenza, nelle quali si vede arrivare Bruno su un furgone. Ancora un pentito racconta dell’occasione in cui Bruno sarebbe stato convocato insieme a Di Venti davanti al boss Seminara. Quest’ultimo avrebbe richiamato l’imprenditore per non avere rispettato degli accordi su una fornitura di calcestruzzo. 

Nella ricostruzione emergono anche particolari relativi all’omicidio di Marcellino Signorino e Alexandru Matei (uccisi in un agguato a Calascibetta nel luglio del 2015). Il duplice omicidio sarebbe stato un’azione punitiva nei confronti di Signorino, colpevole di commettere troppi
furti di bestiame. In seguito a ciò, un soggetto preoccupato di subire la stessa
ritorsione si sarebbe rivolto a Bruno, in quanto capo della famiglia di Calascibetta. In alcune conversazioni intercettate, Bruno avrebbe manifestato la volontà di interessarsi ai
nuovi lavori che dovevano essere avviati nel territorio
, al fine di costringere al pagamento del pizzo l’impresa appaltante. Inoltre, da alcuni dialoghi sarebbe emersa l’interferenza di Bruno sull’attività amministrativa del
comune di Calascibetta
. «Quanto meno in termini di vicinanza e amicizia», scrivono gli inquirenti.


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