Eni, la protesta si sposta nel cuore di Gela

Una settimana di blocchi agli ingressi della città, alla Raffineria e al gasdotto Greenestream che porta il metano dalla Libia all’Italia. Oggi la protesta di Gela si sposta nelle vie storiche della città, tentando di allargare la partecipazione e coinvolgere una cittadinanza finora vicina a parole, ma assente nei fatti. 

Il corteo, organizzato dai sindacati confederali, è partito intorno alle 10 dall’ospedale e si concluderà in Comune, attraversando i due corsi principali. Un serpentone lungo due chilometri, con migliaia di partecipanti, sicuramente più di cinquemila. Moltissime le bandiere di Cgil, Cisl e Uil, di cui sono presenti anche i vertici regionali. In prima fila anche l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Domenico Messinese, e a poco a poco si è fatta nutrita anche la presenza degli studenti. Il futuro? «È senza Eni». I giovani hanno le certezze che politica e sindacati non riescono a trovare. «Nel presente forse ancora dobbiamo conviverci – spiega Jessica Massimo, del liceo scientifico – ma per il futuro nessuno di noi vuole l’industria, devono esserci le bonifiche». Solo una piccola parte degli operai sta partecipando alla manifestazione, mentre molti sono rimasti a presidiare i blocchi. «Siamo venuti perché vogliamo sentire l’abbraccio della cittadinanza», spiegano i lavoratori. Uno di loro, Manuele Maganuco, ha portato al corteo i suoi quattro figli. «La verità – dice – è che Eni ha tolto vitalità sia a noi padri che ai figli». Sfilano anche gli ex lavoratori metalmeccanici Co.me.co e gli avvocati del foro di Gela che sottolineano: «Quando la crisi investe gli operai, colpisce anche noi professionisti». Chiuse le attività commerciali e artigiane.

Sui cartelli, tra le immagini più ricorrenti, compare il premier Matteo Renzi in versione Pinocchio, mentre qualcun altro scrive: «Papa Francesco, prega per noi». Un altro chiaro messaggio ricorda l’ormai famoso protocollo d’intesa del 6 novembre. «Con le bonifiche travagghiu per tutti, col protocollo Eni ni futti». «Dobbiamo arrivare al premier Renzi e dirgli chiaramente che Gela aspetta risposte, né elemosine, né altro», era stato sin da subito l’obiettivo della mobilitazione, definita «lunga e faticosa». «Il sindacato – conferma oggi Ignazio Giudice, segretario della Cgil Caltanissetta – partecipa a ogni azione di lotta, qualunque essa sia, perché questa è una battaglia senza precedenti per Gela, il rischio più concreto è lo spopolamento». Ieri sera Eni ha confermato la volontà di investire 2,2 miliardi di euro (l’80 per cento in nuove estrazioni), previsti dal protocollo d’intesa siglato il 6 novembre, per riconvertire la Raffineria. Ma finora gli accordi sono rimasti sulla carta, i dipendenti del cane a sei zampe si sono ridotti fino a 400 unità e le aziende dell’indotto licenziano, come successo alla Smim impianti.

Il sindaco Messinese sottolinea come «la manifestazione serva per dare forza all’amministrazione nei tavoli che ci saranno a Roma». A partire da domani, quando è prevista una riunione al Ministero del lavoro a cui parteciperanno lo stesso primo cittadino e il presidente dlla Regione Rosario Crocetta, per definire misure straordinarie sull’uso degli ammortizzatori sociali. Nel frattempo ieri sera, a Palermo, proprio con Crocetta i sindacati hanno concordato i provvedimenti da chiedere anche per quei 70 operai che da sette mesi non hanno più né lavoro né indennità di sostegno. Per aiutare le imprese che chiedono la cassa integrazione sarà chiesta la decontribuzione della quota addizionale a loro carico e il ricorso ai prepensionamenti agevolati. Infine, sarà lanciata la proposta di affidare al governo la gestione dell’area di crisi di Gela attraverso la nomina di un commissario straordinario. 

Ma c’è chi guarda indietro. Per il deputato Ars Pino Federico, ex Mpa passato in Forza Italia, «se il protocollo del 6 novembre rimane fermo, allora meglio riprendere quello del 2012». Un documento stracciato da Eni al momento di siglare quello del 2014 e che prevedeva 700 milioni di investimenti per la conversione a metano, garantendo due linee di produzione su tre. Tra i politici anche numerosi sindaci – da Niscemi, Piazza Armerina, Butera, Delia, Riesi, Mazzarino – e la rappresentanza locale del Movimento cinque stelle. 


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