Elezioni Unict, primo confronto tra i candidati Obiettivi comuni: aumentare incassi e iscritti

«Chiunque verrà eletto a rettore avrà certamente l’obiettivo di migliorare le cose». Lo ha detto Filippo Drago – professore di Farmacologia, direttore del dipartimendo di Scienze biomediche e candidato al vertice dell’università di Catania – ieri pomeriggio nel Palazzo centrale dell’ateneo. Assieme a lui, gli altri due candidati: Francesco Basile, anche lui professore ordinario e presidente della scuola facoltà di Medicina, dove insegna Chirurgia generale; ed Enrico Foti, professore di Idraulica e direttore del dipartimento di Ingegneria civile. Tutti e tre hanno esposto il proprio programma ai numerosi studenti presenti in aula magna. Un incontro dal format semplice: 15 minuti ciascuno per esporre la propria visione del futuro dell’ateneo, e poi spazio a venti domande dal pubblico. A moderare il professore decano d’ateneo, Salvatore Brullo. Il modello verrà ripetuto in altri quattro incontri: tre dedicati al personale docente nei giorni 20, 23 e 24 gennaio, e uno il 26 gennaio con il personale tecnico amministrativo

Da sinistra: Francesco Basile, Filippo Drago, Enrico Foti

Il primo a esporre, con un ordine stabilito da sorteggio, è stato Basile. Il quale ha rapidamente affrontato alcuni punti sui quali gli altri due candidati si sono trovati d’accordo: carenze strutturali e organizzative, unite alla scarsa presenza di corsi di studio che consentano un inserimento nel mondo del lavoro, fanno sì che nell’ateneo ci siano troppi fuori corso, «che penalizzano l’ateneo, in quanto fanno diminuire i fondi di finanziamento. E il compito maggiore del rettore è quello di aumentare le entrate. Propongo di avviare un meccanismo simile allo scuola-lavoro, con aziende del territorio e non solo». Altri punto in comune con Drago e Foti, la necessità di non aumentare le tasse dopo il cambio di calcolo su base Isee, e di «internazionalizzare l’ateneo, ospitando docenti e studenti stranieri». Infine Basile ha proposto la creazione di una «identity card Unict», che secondo il chirurgo dovrebbe consentire agli studenti e ai docenti di avere una maggiore percezione di appartenenza all’ateneo, poiché la tessera sarà utile per ottenere «sconti in convenzione per locali e trasporti».

Filippo Drago ha invece concentrato il suo intervento sulla platea, affermando fin da subito, e unico in piedi, che «il fulcro del mondo universitario sono gli studenti». Oltre ad aver affrontato, come Basile, il problema di carenze strutturali e offerta formativa, Drago ha parlato di «una università mortificata dalle valutazioni nazionali, che ci vedono agli ultimi posti sia per la ricerca che per la didattica». Un problema che, anche qui come per Basile, si affronta «riducendo lo scollamento tra studenti e ateneo, iniziando con la nomina del garante degli studenti che era già nel programma di Giacomo Pignataro». Rimarcando una «continuità» con l’amministrazione uscente, propone una serie di iniziative a favore di chi studia: una no tax area sotto i 13mila euro di Isee, un aumento e un miglioramento degli alloggi, e consentire alle rappresentanze studentesche di eleggere anche i direttori dei dipartimenti. Inoltre per Drago sarebbe opportuno reintrodurre la «possibilità di fare esami per migliorare la media poco prima della tesi di laurea». Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, Drago propone di «migliorare l’offerta delle lauree magistrali», mentre vorrebbe inserire la valutazione docenti «un voto da 18 a 30, come per gli studenti. E se i docenti non accettano vuol dire che sono in mala fede».

Enrico Foti si è invece concentrato sui numeri, prendendo le distanze da Pignataro: «Devo pormi in discontinuità con le recenti amministrazioni dell’ateneo, perché se il Censis ci dà come 64esimo ateneo su 66 non è certo un problema che si può risolvere sviluppando il senso di appartenenza degli studenti», afferma l’ordinario di Idraulica. Per Foti è necessario innanzitutto migliorare lo stato economico dell’ateneo. Come? «Diminuendo i fuori corso, siamo i primi in Italia come numero. La diminuzione consentirebbe di avere maggiori trasferimenti di fondi ministeriali. E aumentando gli iscritti, ne abbiamo persi 13mila in quattro anni». Secondo Foti ci sono poi corsi di studi particolarmente richiesti, ma con pochi posti, come Psicologia. «A fronte di 250 posti, ci sono stati mille candidati. Siamo certi che questi non hanno scelto un altro corso di studi a Catania, ma che magari stanno frequentando un altro ateneo o uno telematico». Infine Foti vorrebbe combattere il problema della burocrazia eccessiva «anche questo complice della creazione dei fuoricorso. Molte cose si possono fare in via informatica per non far perdere tempo agli studenti per mettere cinque firme in triplice copia su un modulo per il tirocinio».

Tra gli studenti intervenuti, l’interesse si è concentrato sulle sedi distaccate, argomento non affrontato dai candidati. «A Siracusa, ad Architettura, abbiamo carenze strutturali gravi: piove dentro, c’è un solo bagno per piano. Una volta mi è caduto addosso un pezzo di controsoffitto», afferma Vito Amato, rappresentante degli studenti del polo didattico speciale di Siracusa. Argomento simile è stato affrontato anche da Livio Oliva, presidente della Consulta degli studenti. «Da fuorisede, mi è capitato spesso di dover andare negli uffici di segreteria a Catania. E non trovare nessuno. Mi auguro che venga introdotto un regime più rigido anche per i dipendenti». «Non ho mai approvato le sedi decentrate, segno di un passata gestione populista, che portò anche sedi in posti come Leonforte, oggi chiuse. L’unico modo di farle funzionare è renderle migliori della sede centrale, come Rimini con Bologna ad esempio», replica Drago. «Siracusa non dovrà essere chiusa, ma si dovrà cambiare sede per una meno bella ma più pratica», è l’opinione di Foti sul tema. Per Basile invece bisogna concentrarsi sull’aumento dei servizi, «ad esempio, vista la mancanza di strutture sportive dell’università a Siracusa, si possono avviare convenzioni con quelle presenti».

Da sottolineare l’intervento di Carmela Bonaccorso, assegnista di ricerca e vicepresidente dell’Adi, associazione dei dottori e dottorandi di ricerca italiani. «Sono qui anche se non potrò votare il rettore – afferma Bonaccorso -, e potrei essere uno dei vostri tutor didattici, o magari uno dei vostri docenti a contratto. Ma non abbiamo un ruolo nell’ateneo. La classe docente ha una età elevata, ma non ci sono nuovi concorsi e interi settori scientifici stanno sparendo», afferma. Sul tema sia Basile che Drago che Foti si sono dimostrati comprensivi: «Si deve consentire a chi intraprende ricerca di vedere un percorso che lo possa portare al livello di Ricercatori», sostiene Drago. Per Foti invece «oltre ad aprire al ruolo di Ricercatori anche a tempo determinato, potremmo affrontare un percorso di inserimento nelle scuole».


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