«La cooptazione – che può essere esplicita o mascherata sotto apparenti procedure elettorali – è generalmente applicata a fini di autodifesa e di mantenimento dei poteri di un gruppo strutturato. Si pone in alternativa all’elezione democratica e alla nomina effettuata con criteri di trasparenza da soggetti esterni all’organo collegiale da integrare o allargare». La definizione che il dizionario Zanichelli dà del termine «cooptazione» basta, secondo il ricercatore Giambattista Scirè, a spiegare perché alcuni dei candidati alla carica di rettore dell’università di Catania ragionerebbero con la filosofia del Gattopardo.
Lo scrittore Tomasi di Lampedusa mette la Sicilia in bocca al personaggio di Tancredi: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», dice. E l’ateneo di Catania, per Scirè, si starebbe preparando a seguire la stessa logica. Vincitore, in primo grado, di una travagliata vicenda giudiziaria legata a un concorso vinto da chi aveva meno competenze di lui per quel posto, Scirè ha fondato l’associazione Trasparenza e merito. E con quella ha precorso quanto, mesi dopo, la procura di Catania avrebbe definito «un’associazione a delinquere», finalizzata al taroccamento dei concorsi universitari per l’accesso alle posizioni di professore associato e ordinario.
Lo schiaffo all’accademia catanese dato dall’inchiesta Università bandita ha portato alle dimissioni dell’ex rettore Francesco Basile e alla necessità di indire nuove elezioni per il Palazzo centrale. Il 23 agosto, venerdì, ai nastri di partenza del primo turno di votazioni balneari si presenteranno in cinque: Salvatore Barbagallo, Vittorio Calabrese, Agatino Cariola, Francesco Priolo e Roberto Purrello. Alcuni di loro, intervistati da MeridioNews, sul tema dei concorsi pubblici hanno risposto in modo preciso: i professori universitari non possono essere selezionati come i normali dipendenti dello Stato, bisogna trovare un modo per procedere con la chiamata diretta. I più hanno argomentato citando il modello degli Stati Uniti, in cui il meccanismo della cooptazione è ciò che garantisce l’eccellenza della ricerca scientifica e la trasparenza dei processi di selezione.
«Il paragone con l’estero non regge – dichiara a MeridioNews Giambattista Scirè – Lì non ci sono i livelli di corruzione, malaffare e illegalità diffusa che ci sono in Italia e che nessuno può negare. Qui è una questione di mentalità, l’idea è che l’università pubblica possa essere trattata come una cosa privata. Se si vuole cambiare il sistema di reclutamento e si vuole procedere per chiamata diretta lo si faccia, ma a quel punto il ministero non dovrebbe dare un soldo agli atenei». Un taglio totale che il ricercatore auspica, a mo’ di paradosso, per chiarire un altro punto: «Quando leggo che con più fondi il problema delle storture del sistema verrebbe meno, mi viene da ridere: significa soltanto che chi, con questi pochi finanziamenti che ci sono, ha fatto favori a dieci amici, con più risorse avrebbe fatto favori a venti amici. È la testa che deve cambiare».
Dal giorno dello scandalo che ha coinvolto decine di docenti dell’università di Catania, lui ha assunto una posizione chiara: «Ci vuole un repulisti, ci vogliono azioni forti». La più forte sarebbe stata quella del commissariamento dell’ateneo da parte del Miur. Ipotesi che lo stesso ministero, tramite MeridioNews, ha smentito con forza sostenendo che l’unico motivo per il quale un ministro può nominare un commissario per un ateneo è che quest’ultimo sia in dissesto economico-finanziario. «Io credo invece che il commissariamento abbia fatto paura dal punto di vista politico: sarebbe stato come ammettere che l’autonomia delle sedi universitarie è un fallimento. Io penso che lo sia e che l’inchiesta della procura ce ne abbia dato una prova».
«La richiesta, a gran voce, di riformare la nomina dei docenti e di procedere alla cooptazione arriva da varie parti d’Italia. È un modo per correre ai ripari e per risparmiarsi i ricorsi dei tantissimi che prima stavano in silenzio e adesso hanno cominciato a denunciare gli abusi subiti. Il mondo accademico sta tentando di tutelare il proprio fortino», attacca. Senza considerare, sostiene lui, i reali interessi delle uniche persone che l’università dovrebbe servire: gli studenti. «Se va tutto bene, perché le iscrizioni calano e i giovani fuggono?». La risposta, secondo Giambattista Scirè, sta nel fatto che «coloro che tentano di aggirare le regole vengono premiati anziché messi all’angolo. Il ministero dell’Università deve fare i controlli e deve applicare le sanzioni. Io sogno un ministero che sia forte e che accentri il potere, anziché decentrarlo. Ma anche a Roma, è chiaro, devono essere capaci di pensare solo al bene dell’università. I primi cambiamenti devono avvenire all’Anvur (l’agenzia governativa che si occupa del controllo sulla qualità della ricerca, ndr)».
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