La piccola sala è strapiena, sono almeno in duecento, e sul grande schermo del centro Zo scorre la storia del movimento di Beppe Grillo: dai primi Meetup nel 2005 al Vday del 2007, fino alla fondazione del Movimento cinque stelle, definita dalla voce narrante «una rivoluzione dei cittadini che passa dalla Rete». Così si presentano i candidati alle prossime elezioni comunali etnee del 10 giugno, e i pentastellati di Catania sono presenti in massa, per un evento molto simile a una convention di partito. Le immagini, accompagnate da una traduttrice simultanea per il linguaggio dei segni, tentano di costruire una storia vincente del movimento nazionale, mentre tacciono di un percorso fatto anche di divisioni interne e dei problemi, presenti anche nel movimento catanese che da giugno dello scorso anno è scisso in due gruppi. Oggi, per la prima volta, appare compatto dietro a un progetto comune. E al centro del palco a presentare la candidata a sindaco Lidia Adorno ci sono le due donne simbolo del grillismo etneo: Gianina Ciancio, giovanissima consigliere regionale all’Assemblea regionale siciliana del gruppo bianco, e Giulia Grillo, deputata nazionale del gruppo verde, storica co-fondatrice dei Grilli dell’Etna.
«Noi non siamo protesta, siamo proposta», spiega la giovane Ciancio, portando ad esempio i suoi cinque mesi di esperienza all’Ars, dove il dialogo con il governo regionale si è interrotto proprio a causa della legge elettorale per le amministrative, quel «doppio voto di genere che serve a tracciare il voto con la doppia preferenza». L’approvazione di questa legge è la dimostrazione che «quando vogliono mettersi d’accordo, i partiti lo fanno». Dalla parte opposta del tavolo Giulia Grillo, che prende il concetto e lo nobilita portandolo a livello più alto, quasi ideologico. «Noi siamo gli unici davvero liberi e gli unici a contatto con i cittadini». Applausi, a suggellare l’epopea di un movimento fattosi definitivamente partito. «Chiamatelo come vi pare, noi siamo una novità. E dobbiamo fare di tutto per aumentare la partecipazione alla politica», afferma Grillo. E, nonostante non lo si nomini praticamente mai, l’ingombrante nome del fondatore si ripresenta solo quando è la candidata a sindaco ad annunciarlo. «Beppe Grillo verrà tra pochi giorni a Catania», annuncia Lidia Adorno, sommersa da applausi.
«La Adorno era già nel 1992 impegnata in politica, in giro per Catania a raccogliere firme contro l’immunità parlamentare», ricorda un altro Grillo, la pecora sicula Salvo, fondatore del Gruppo azione risveglio, che illustra con pochi complimenti le carriere degli avversari Raffaele Stancanelli, Enzo Bianco e Tuccio D’Urso. Salvo Grillo pronostica un «ballottaggio» per la Adorno, dato che Maurizio Caserta viene definito troppo nobile per arrivare al quorum, mentre il giovane Matteo Iannitti è oggetto di un lapsus, diventando «Emanuele Bellitti». Qualcuno in anticamera e prima dell’inizio di questa insolita prima convention grillina a Catania ricorda come la Adorno, in realtà, candidata lo sia già stata nel 2005 e proprio con Enzo Bianco, in un consiglio circoscrizionale. Ma quando sale sul palco il suo avversario di centro sinistra è definito « la faccia della stessa medaglia di Stancanelli, responsabile del predissesto del Comune, per il quale pagheremo tasse alle aliquote massime per anni, fino al 2022», afferma la Adorno dando i numeri della gestione comunale, in modo del tutto simile a quanto fatto proprio da Bianco sul palco della sua presentazione di candidatura poche settimane fa, partendo dai «140 milioni di debito del Comune nel bilancio 2011».
La candidata, al primo vero discorso pubblico, non appare coinvolgente, procede per slogan e di applausi se ne sentono pochi. «Noi non siamo protesta e il nostro programma vuole lo sviluppo della città», legge Adorno, proseguendo la sua arringa per frasi fatte: «Noi siamo credibili e loro sono solo bugiardi. Non abbiamo manifesti pagati dai rimborsi elettorali e lo rivendico con orgoglio». E la situazione non cambia arrivati al momento dell’illustrazione del programma. «La città potrebbe vivere di turismo», afferma, auspicando la costruzione di un «porto turistico» ed impegni generici su «aumento della raccolta differenziata per evitare le sanzioni previste se non arrivassimo al 60 per cento». Utile, per la candidata, anche la costruzione di una «casa dell’acqua, nella quale prelevare 40 litri d’acqua ogni volta», e la riduzione dei costi partendo dalle municipalizzate, «ma senza tagliare mai posti di lavoro a chi prende solo 1200 euro al mese». Di concreto, propone la costruzione di un impianto di recupero dei rifiuti che costerebbe «18 milioni di euro con fondi europei, permettendo l’autonomia energetica alle strutture comunali». Propone il taglio dei fitti passivi, ristrutturando «palazzo Bernini e il palazzo delle Poste».
C’è un po’ di brusio, la sala non sembra più molto attenta, e la Adorno si interrompe. «Ho finito», dice timidamente e si parte subito con la carrellata dei candidati. Il primo a presentarsi è Arturo Pellegrino, un uomo di mezza età. Sembra intimorito, e dice a bassa voce: «Sono certo che sapremo fare meglio di chi ci ha preceduti». Segue qualche applauso. Poi è il turno di Alessandro Zappulla, Aldo Bella, Gianni Coppola e tanti altri. Ma l’attenzione sale quando arriva il turno di Clementina Iuppa. «Ho 42 anni, sono un avvocato, mamma di quattro figli. Sono qui proprio per i miei figli». Tutti in sala applaudono entusiasti per il brevissimo discorso, un entusiasmo ben superiore a quello dimostrato per la candidata sindaco.
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