Sono tantissimi.
Si sono riprodotti in breve tempo e non c’è angolo di città, banchina del bus, bagno in autogrill che non sia infestato dal volto sorridente di un candidato. Se fosse permesso, anche le chiese ne sarebbero zeppe, così come scuole e ospedali.
E non è detto non lo siano.
Catania, tra le prime dieci città in Italia per grandezza, con numeri spaventosi per abbandono scolastico, numero di auto procapite, tasso di criminalità e molto altro, vanta la vertiginosa cifra di quattordici candidati – al momento della scrittura, ma potrebbero aumentare – alla carica di sindaco e svariate carriole di candidati al Consiglio comunale, con numeri sufficienti per mettere su un campionato di calcio tra candidati.
E magari si facesse un campionato, almeno ci sarebbe di che applaudire.
Poi gli elenchi. Sempre gli stessi.
“Passione, coraggio, impegno.”
“Giovani, futuro, lavoro.”
Da mescolare a piacimento, come novelli Mogol elettorali che svuotano di senso parole che hanno (recte: avevano) un valore inestimabile.
Oggi gli slogan, dovendo star dietro ai tempi convulsi dei social media, sono più veloci e per non perdere colpi i candidati hanno tolto parole, partorendo crasi di concetti incomprensibili ai più.
Da “in comune con passione”, classico senza tempo, si è passati a “in comune”, una sincera dichiarazione d’intenti da cui sottrarre la passione. Anche perché…
“I giovani” come biglietto da visita, il piede nella porta di chi ha pochi – o nulli – contenuti, contraltare de “l’esperienza” quando nelle foto elettorali diventa difficile nascondere i capelli bianchi.
È stata ormai, da anni, sdoganata l’assenza del simbolo di partito o di lista sui manifesti perché, complice una recrudescenza di dignità, alcuni non lo sanno ancora e altri devono ancora fare i conti con il pallottoliere per capire quale seggio potrebbe scattare e in quale lista.
Ci sono poi i candidati-non-candidati che buttano lì il nome ma che poi, in cambio della nomina in qualche partecipata o di qualche assessorato, ritireranno prontamente la candidatura.
Sarebbero poi necessarie anche le date sui manifesti elettorali perché alcuni sono candidati da così tanto tempo che le famiglie li hanno dati per dispersi dalle Amministrative del ‘47.
Un circo Barnum di macchiette che è possibile mandare in crisi con una domanda. Poche parole, un punto interrogativo.
“Ma il programma?”
A quel punto li vedrete impallidire, sudare freddo, balbettare e iniziare arzigogoli concettuali per dire che si, ehm, ecco, la situazione che ereditiamo è sicuramente delicata e difficile, ma faremo di tutto per risollevare la città.
Tutto qua? Tutto qua.
A questo punto, anche se sarà poco, fate un favore a voi e ai vostri figli – se ne avete – ma anche ad amici, fratelli e sorelle, conoscenti, tutti.
Quella domanda, fatela.
Vi chiarirà tante cose.
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