Difficile immaginare un esordio migliore da tecnico titolare per il classe 1975 originario di Partinico. Ha subito toccato le corde giuste dal punto di vista psicologico ricevendo feedback incoraggianti. E ancora una volta il Palermo ha dimostrato di sapersela cavare nei momenti più delicati
Effetti post-derby, la cura Filippi già funziona L’ex vice di Boscaglia sa camminare da solo
Tre punti, ma solo sulla carta. Vale doppio, infatti, la vittoria ottenuta dal Palermo nel derby con il Catania disputato mercoledì sera al Massimino. Un successo, firmato Santana, con un peso specifico superiore rispetto allo standard sia perché si tratta appunto di un derby, partita a sé all’interno del campionato per la rivalità esistente e la forte carica emotiva di cui è dotata, sia per il modo in cui è maturato. Con i rosanero in dieci uomini dal 35′ del primo tempo a causa dell’espulsione (per doppio cartellino giallo) del difensore Marconi. Esulta il Palermo ed esulta anche Filippi per il quale, obiettivamente, era difficile immaginare un esordio migliore da tecnico titolare in virtù della sua promozione alla guida della prima squadra dopo l’esonero di Boscaglia. L’ormai ex vice dell’allenatore gelese non ha la bacchetta magica e nel giro di pochi giorni non ha cancellato i problemi con un colpo di spugna ma il suo intervento ha comunque sortito degli effetti. Ha premuto sul piano psicologico tasti che ultimamente non erano stati toccati e ha lasciato il segno con un lavoro, agevolato dall’importanza di un match che al di là della posizione in classifica delle due squadre si prepara da solo dal punto di vista degli stimoli e delle motivazioni, basato a proposito della trasmissione dei concetti sulla chiarezza e la semplicità.
Il successo conquistato dai rosanero, il quarto in trasferta in questa stagione e arrivato dopo le due sconfitte consecutive contro Catanzaro e Viterbese, è anche il successo personale di Filippi che, a prescindere dalla sua natura di tecnico ad interim e dagli sviluppi che lo riguarderanno nell’immediato futuro, ha già dimostrato in una sola gara di essere in grado di ‘camminare con le sue gambe’ dopo l’esperienza di cinque anni e mezzo in qualità di allenatore in seconda. Ha uscito dal cilindro qualcosa che non era facilmente ipotizzabile alla vigilia e ha usato farina del suo sacco introducendo degli elementi di discontinuità con la precedente gestione come dimostra, prima del cambio-programma a causa del rosso a Marconi e il quasi obbligato passaggio ad un 4-4-1, l’iniziale 3-4-3 a specchio con Palazzi al centro di una difesa completata da Somma e Marconi, Accardi e il convalescente Valente esterni a tutta fascia a centrocampo e il tridente d’attacco formato da Silipo (partito nell’undici titolare solo due volte prima della sfida di due giorni fa), Lucca e Floriano. E la squadra, rimasta sempre sul pezzo, ha fornito risposte convincenti applicando con diligenza le nozioni sulle quali tecnico e giocatori hanno focalizzato l’attenzione durante il ritiro pre-derby a Comiso: concentrazione, ordine e voglia di fare una corsa in più per il compagno.
Ingredienti di un cocktail il cui sapore è stato impreziosito, poi, dallo splendido gol di Santana (stop e destro al volo sotto l’incrocio sul secondo palo) realizzato al 15’ del secondo tempo. Una firma d’autore, la prima in questa stagione, su un quadro alla cui realizzazione ha contribuito con fatica e sudore un intero gruppo animato da grande voglia di riscatto. La perla dell’argentino, unico rosanero a segnare dalla A alla serie D e nella Top Ten della classifica all-time relativa agli stranieri con più presenze in campionato con la maglia del Palermo, è la sublimazione di un lavoro portato avanti con umiltà dal collettivo nell’arco dei 90 minuti. E’ la griffe di lusso, appartenente ad un gesto tecnico di pregevole fattura come quello compiuto dal numero 11 subentrato durante la ripresa, che nobilita il potere di una classe operaia abile, sporcandosi le mani e con una notevole disponibilità al sacrificio, ad ottenere ciò per cui ha lottato. Motivo per cui l’affermazione del Palermo, che non vinceva a Catania dal febbraio 2007 in A, al di là delle diverse occasioni create dagli etnei non può essere considerata un verdetto bugiardo.
E’ il premio, al culmine di alcuni giorni particolarmente delicati, al carattere ritrovato di una squadra che ancora una volta ha dimostrato in questo campionato di trovarsi a proprio agio nei momenti di difficoltà e anche nell’emergenza: pareggio in nove uomini a Catanzaro e cuore oltre l’ostacolo gettato nel derby. Sia all’andata con il risultato positivo (1-1) ottenuto con gli uomini contati a causa del Covid sia al Massimino con questo successo per 1-0 conquistato in una situazione di inferiorità numerica patita negli ultimi dieci minuti del primo tempo e per tutta la seconda frazione di gioco. Sarà anche un Palermo discontinuo, ancora inaffidabile (e con diversi difetti da correggere, in primis la facilità con cui i giocatori rimediano ingenuamente ammonizioni o espulsioni) e ormai abituato in questa stagione a viaggiare a corrente alternata ma c’è una dote che ai rosa va certamente riconosciuta: la capacità nel momento in cui sembra alle corde di incassare colpi e rimanere sempre in piedi. Con tenacia, resistenza e voglia di non arrendersi mai.