Editoria, il paradosso di Prévert

C’è una poesia di Jacques Prévert che s’intitola “Tante foreste”. È un componimento breve che, in estrema sintesi, sostiene la seguente tesi: non facciamo altro che tagliare alberi per stampare giornali che denuncino il disboscamento.
L’ambientalismo di maniera di cui parla Prévert è lo stesso che denuncia da anni Green Peace, perché è facile parlare di quant’è brutto cancellare intere aree forestali, ma non è altrettanto semplice dimostrare fattivamente la propria opposizione a fatti simili.

Chiara Campione è la responsabile della campagna “Foreste” di Green Peace Italia, che ha lanciato al Salone Internazionale del Libro di Torino la sua classifica delle case editrici italiane “verdi”. «Abbiamo fatto un’inchiesta presso settanta case editrici che coprono circa il 70%  del mercato librario nazionale, sottoponendo a ciascuna un questionario molto dettagliato in cui, sostanzialmente, si chiedeva se fossero a conoscenza dei dettagli sull’origine della carta sulla quale stampano i loro libri». E raramente le risposte sono state soddisfacenti.
 
Cos’è Deforestazione Zero?
«Nient’altro che l’obiettivo che Green Peace si è posta a livello internazionale di salvare le ultime foreste del pianeta e fermare la deforestazione entro il 2015 negli ultimi tre grandi polmoni del pianeta, cioè l’Amazzonia, il centro Africa e l’Indonesia. Le foreste vengono distrutte per essere sostituite con piantagioni industriali di palma da cui si estrae olio e, soprattutto, polpa di cellulosa».
 
E la polpa di cellulosa serve a produrre la carta. Da qui il vostro interesse al mondo dell’editoria, giusto?
«Giusto. Vogliamo sapere che garanzie possono dare le case editrici che la carta con cui sono fatti i nostri libri non sia una concausa della distruzione degli alberi del pianeta».
 
E le case editrici cosa hanno risposto?
«Abbiamo scoperto che tre editori su quattro non conoscono l’origine della carta su cui stampano. Il problema è che il nostro Paese è diventato negli ultimi anni il primo importatore di polpa di cellulosa dall’Indonesia, e in Indonesia il 75% del mercato è contaminato da carta proveniente da deforestazione. Noi riteniamo che non sapere da dove deriva la propria filiera e non essere responsabili nei confronti del lettore renda questi editori corresponsabili di quei fenomeni deprecabili».
 
Quali sono i parametri che avete usato per redigere la vostra classifica?
«Abbiamo considerato come “amici delle foreste” tutti quegli editori che dichiarano che i loro libri sono fatti almeno per il 50% da fibra post consumer, ovvero carta riciclata, e per il rimanente 50% da cellulosa vergine certificata FSC che è la certificazione che afferma che la carta che uno sta acquistando viene da foreste gestite con parametri sostenibili sia dal punto di vista ambientale che sociale. Venendo meno questi requisiti, si scende in classifica…».
 
La maggior parte delle case editrici cui avete inviato il questionario come si comporta?
«Stanno in una sorta di terra di mezzo. Usano in minima parte carta riciclata o FSC, il resto è fibra vergine, ma gli editori non ci hanno saputo dire da dove provenga e non ci hanno potuto garantire la sostenibilità dei loro prodotti».
 
Tra i nomi di queste case editrici, ci sono tutti i grandi gruppi: Mondadori, Adelphi, Rizzoli… Che non sappiano cosa vendono è una dimostrazione di irresponsabilità?
«Sì, ed è un po’ sconfortante. Non hanno il controllo della loro filiera. Hanno risposto al nostro questionario, ma le loro risposte sono state assolutamente insufficienti».
 
C’è qualcuno che non vi ha proprio risposto?
«Sì, sono quelli che stanno in fondo alla classifica, tra cui anche Feltrinelli. Alcuni si sono informati su di noi, volevano sapere cosa facessimo, altri no. A quest’ultima categoria appartengono case editrici come la Minimum Fax, Baldini, Castoldi & Dalai…».
 
Dopo la pubblicazione dei risultati, qualcuno vi ha chiesto una “seconda chance”?
«Minimum Fax si è impegnata a mandarci il questionario, gli altri niente. A parte DeAgostini che ha appena aderito al nostro appello e si è formalmente impegnata a rispettare i nostri standard per le sue prossime pubblicazioni».


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