Ecco perché si decise di paragonare Catania a Seattle

Quando “Rolling Stones”, nota rivista musicale americana, paragonò il ribollire musicale catanese al fermento di Seattle sicuramente non si aspettava che avrebbe creato un marchio, un’identificazione che si sarebbe presto diffusa in giro per il mondo. Con “Rolling Stones” anche altre riviste, “BillBoard” e “Music & Media” su tutte, cominciarono ad indagare su ciò che realmente accadeva alle pendici dell’Etna e il movimento musicale catanese visse ribalte nazionali ed internazionali.

Erano gli anni del grunge, di Kurt Cobain, della musica di Seattle, che si identificava, più che con un genere omogeneo, con una caratterizzazione territoriale. Era la musica underground, nata dai garage o dalle cantine di Seattle, che faceva rivivere il rock, che creava il marchio e il modo di essere di una generazione. Camicioni a quadri, jeans strappati e la voglia di essere se stessi, lontani dall’autocompiacimento derivante dal successo e dalla fama. Un successo costruito su una lunga tradizione che vede in Jimi Hendrix la sua massima espressione; un successo costruito in periferia, lontano dai circuiti musicali della California o di New York; un successo costruito grazie alla lungimiranza e all’intuito di piccole case discografiche, la “Sub – Pop” principalmente, la “K” piuttosto che la “Kill – Rock Stars” e dal ruolo che, dapprima, hanno assunto critici e giornalisti e, in seguito MTV e le radio americane e inglesi.

Difficile stabilire, però, perché proprio Seattle abbia assunto nel tempo, il ruolo di protagonista del rock underground. Secondo Pablo, ragazzo di Seattle, “Mentre la maggior parte dei giovani americani preferisce il basket o il football, la situazione climatica particolare del Nord Ovest, costringe i ragazzi a chiudersi in casa, manifestando la propria identità con la musica”. Forse possiamo crederci, basta guardare la serie Twin Peaks e accorgersi in quale situazione, non solo climatica, ma anche ambientale crescono i ragazzi del Nord Ovest americano. In tutto questo, è possibile riscontrare a Catania somiglianze che giustifichino il paragone? Catania, città del Meridione, periferica rispetto le avanguardie culturali ma, i cui cittadini sono caratterizzati da un’oziosa indolenza che nasconde sfrenate creatività. E come a Seattle, anche le cantine e i garage di Catania sono pieni di giovani con i loro strumenti musicali, a dare sfogo al proprio ardore, seguendo una lunga tradizione che ha visto in Franco Battiato un apripista d’eccezione.

Negli stessi anni, i primi anni novanta, in cui esplodevano i Nirvana, i Soundgarden, i Pearl Jam, a Catania si muoveva un notevole apparato musicale rappresentato dai Flor de Mal, gli Uzeda, i Denovo, i Quartered Shadow, i Lautari, Brando, Carmen Consoli, solo per citarne alcuni. Su molti di loro scommise Francesco Virlinzi e la sua etichetta indipendente Cyclope, rappresentando in qualche modo ciò che la Sub – Pop rappresentò per il lancio del grunge a Seattle. Virlinzi ebbe l’intuito di creare collaborazioni tra gli artisti catanesi e artisti americani. Solo per fare un esempio ricordiamo il concerto del 3 Agosto 1993 dei Flor de Mal supportati da Peter Buck, chitarrista dei R.E.M. In questa maniera i magazine nazionali e internazionali si accorsero del movimento musicale catanese, che gradualmente cominciò ad apparire pure sui circuiti radiofonici, fino a sfondare con l’incredibile successo di Carmen Consoli.

E ci si trovò per le mani un’etichettatura, nel significato positivo del termine, identificata più come una caratterizzazione territoriale, che come una uniformità stilistica. Si accoppiavano generi musicali completamente diversi, da Carmen Consoli agli Uzeda, tutti comunque accomunati, dall’appartenenza alle stesse radici culturali. Sono passati circa quindici anni dalla scoperta del movimento catanese ed esperienze recenti come quelle dei Bellini, Diane and the Shell, Hoovers, Tellaro, Theramin, ci suggeriscono che Catania non ha mai smesso di suonare e che la città continua ad imporsi come punto di riferimento del panorama musicale.

Riccardo Consoli

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