Titolo: Pinocchia
Autore: Stefano Benni
Regia: Saro Minardi
Scene: Marco Libertini
Costumi: Rosy Bellomia
Musiche: Alessandro Nicolosi
Interpreti: Carmela Buffa Calleo, Orazio Alba, Giuseppe Calaciura, Viviana Militello, Mariagrazia Cavallaro, Rosaria Giuffrida, Sabrina Tellico
Produzione: Teatro del Canovaccio
Quando ci si ritrova nellambiente accogliente e confortevole del Teatro del Canovaccio, non si può far altro che adorare qualsiasi rappresentazione! Perché loro la passione la fanno avvertire, vibrare, fino a diventare parte dello spettacolo stesso. Dallaccoglienza, al rapporto che si instaura con i numerosi abbonati, alla frugale ospitalità che sempre riservano ai loro ospiti. E questo rituale funge solo da cornice a lavori che fino ad oggi si sono rivelati un gran successo.
In questi giorni il Teatro ha portato in scena Pinocchia, una riscrittura in chiave moderna della celebre fiaba che ha accompagnato tanti bambini nel mondo di Morfeo. Lautore Stefano Benni, volando sulle ali della fantasia, ha immaginato che un burbero, triste, solitario Geppetto dei nostri giorni abbia ordinato un robot per allietare le sue grigie, monotone, giornate di solitudine. Dal Giappone con furore approda una robottina con pile, libretto delle istruzioni multilingue e tutto il necessario per il montaggio, rigorosamente self-service. Ma Pinocchia, così verrà ovviamente ribattezzata, è programmata, di buona marca, dotata del senso dellironia e del metalinguaggio e il nostro falegname avrà pane per i suoi denti! Si snoda così una storia ambigua di un rapporto antitetico ma allo stesso tempo complementare tra i due protagonisti, ora nel ruolo di padre e figlia, poi in quello rovesciato di madre e pargolo, fino a sfociare in unardita coppia di amanti. Lasse portante è sempre lopposizione bugia/verità a cavallo tra il guscio dorato e protetto della loro casa e la rischiosa realtà alla soglia di essa.
Il testo, pur partendo dalla tradizione di Collodi, è marcatamente moderno, attualizzato, con un cambio radicale e inaspettato a fine primo tempo. In scena è la nostra società ormai popolata di personaggi come Pinock&roll, cantante rock ormai decaduta, Geppy ricco imprenditore finito sul lastrico, Cat & Fox presentatori di tivù spazzatura. Una società che ha perso di vista qualsiasi valore, dove personaggi -burattini-robot-replicanti si muovono alla ricerca del meraviglioso Paese dei Balocchi fatto di abiti firmati e vetrine griffate, di aerei che bombardano le scuole per poi rimediare con serate di beneficenza per quei poveri bambini! E dove persino la Natura, pur sembrando così genuina, risulta menzognera: la Luna che è solo un pallido riflesso, le stelle che emanano una luce di secoli prima, il geco che si mimetizza e il bruco che si finge bruttino e modesto quando sa bene che diverrà una top-model di farfalla!
In questo remix di favola e invenzione, letteratura e attualità, si inseriscono dei personaggi ispirati liberamente alla fiaba: il Grillo parlante (Rosaria Giuffrida) è una irriverente chiacchiera cosmica, la Fata Turchina si sdoppia in due ammalianti ologrammi (Mariagrazia Cavallaro e Sabrina Tellico), mentre il Gatto (Viviana Militello) e la Volpe (Giuseppe Calaciura) indossano i panni di due lestofanti rocchettari. Tutti ben interpretati, durante incursioni dentro la sala che martellano con musica e toni alti il ritmo dello spettacolo. Mentre riempie la scena con dignità e sintonia la coppia composta da un Geppetto (Orazio Alba) a metà tra Frankestein e Mangiafuoco e una poliedrica Pinocchia (Carmela Buffa Calleo). Questultima riesce brillantemente a dar vita ad un personaggio in realtà complicato perché chiamata a fondere sentimenti umani e artificiosità meccaniche, l’ingenuità di una bambina e la malizia della seduttrice.
La messa in scena di Saro Minardi, ironica e ben strutturata, colpisce nel segno. Il regista riesce a ben condurre unopera agrodolce, a tratti divertente e comica a tratti quasi commovente. Il pubblico in sala è entusiasta e chiede una replica perenne! Forse perché si riscontra un po in loro o semplicemente perché compatisce questi personaggi alla deriva, né giovani né vecchi, né carne né legno ma che reclamano il loro diritto alla libertà.
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