«Pensavamo “È estate, ora la gente va a mare e si dimentica tutto”. Invece parlavamo giorno e notte con le persone». Mentre Bice Mortillaro Salatiello, anima storica del movimento femminista palermitano scomparsa oggi all’età di 88 anni, ricordava al telefono quella folle avventura di quelle che oggi sono ricordate come Le donne del digiuno, l’entusiasmo che trasmetteva sembrava lo stesso di quel 1992. A quei tempi aveva più di 60 anni ed era già un punto di riferimento imprescindibile per le donne, vista anche la sua lunga militanza nell’Udi, l’unione delle donne in Italia. Le donne del digiuno rimasero accampate di fronte al teatro Politeama per più di un mese, senza cibo per esprimere il proprio sdegno e chiedere le dimissioni dell’allora prefetto Jovine, del capo della polizia Parisi, del procuratore Giammanco, dell’alto commissario per la lotta alla mafia Finocchiaro, e del ministro degli interni Mancino, all’indomani delle stragi di mafia.
Una protesta che aveva catturato l’attenzione dei media di mezzo mondo, ma che non si fermò lì. «Poi c’è stata anche la morte di Rita Atria – continuava Bice nel suo racconto – e alcune di noi sono andate a Partanna di Trapani, il suo paese d’origine. Quel giorno ai funerali non partecipò nessuno del paese, tutti molto condizionati dalla mafia locale. Un gruppo di noi ha anche portato la bara di Rita, perché non c’era nessuno che lo voleva fare». Parole che tracciano la fisionomia di un personaggio storico per tutta Palermo, una donna che non si è mai arresa e di cui rimane viva l’eredità nelle persone con cui ha lavorato fino alla fine. Ha guidato il laboratorio Zen insieme per più di 20 anni. Anche la nomina dell’attuale presidente dell’associazione Mariangela Di Gangi, una delle ragazze di Rita Borsellino, a cui Bice era molto vicina, è stata fortemente voluta da lei.
«Caparbia, testardissima, ma con una visione politica lucidissima fino alla fine» così la descrive proprio Di Gangi, che di lei ricorda soprattutto l’essere sempre avanti rispetto ai tempi. «Aveva capito prima di tutti – continua – che l’antimafia aveva più senso se declinata sul sociale. Ha investito tantissimo sul rapporto con le donne dello Zen ed è stata un punto di riferimento per i bambini e per le bambine del quartiere, per cui ha fatto molto. Sorrido se penso che se n’è andata proprio nella giornata mondiale per l’infanzia e l’adolescenza».
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