Duomo, continua protesta cittadini per casa e lavoro «Abbiamo dato disponibilità ma secondo le regole»

«Un incontro, zero risposte». Recita così uno degli striscioni appesi alle inferriate della cattedrale di Sant’Agata in piazza Duomo a Catania. Parole messe rosso su bianco dai circa 40 manifestanti che, da oltre un mese, occupano la chiesa in attesa di avere dalle istituzioni un valido riscontro in merito alle richieste che avanzano per una casa e un lavoro. Lo slogan che hanno affidato a un pezzo di stoffa è la sintesi del colloquio che una delegazione degli occupanti provenienti dai quartieri periferici Pigno, Librino e San Giorgio ha avuto, la scorsa settimana, alla presenza dell’assessore ai Servizi sociali Fortunato Parisi e dei responsabili dell’ufficio casa e  servizi sociali.

«L’incontro – dicono alcuni dei manifestanti a MeridioNews– in pratica è finito in niente. Per questo continuiamo a rimanere qui per portare avanti la nostra protesta. Chiediamo – spiegano – che vengano assicurati a tutti noi due diritti elementari fondamentali, cioè semplicemente una casa e un lavoro. Le risposte che ci hanno dato dalle istituzioni non ci soddisfano affatto. Non ci possiamo accontentare di vivere di sussidi andando avanti così di sei mesi in sei mesi. Vogliamo delle soluzioni che siano definitive». Materassi singoli accatastati all’ingresso del Duomo – alcuni dei quali più piccoli e con disegni per bambini – la navata di destra occupata per oltre tre quarti da letti improvvisati a terra, con coperte di lana sistemate ai piedi e vestiti ripiegati e appoggiati ordinatamente sui banchi di legno solitamente utilizzati dai fedeli per seguire le celebrazioni religiose. 

«Ci sono alcune delle richieste che avanzano questi cittadini – spiega l’assessore Parisi a MeridioNews – su cui possiamo intervenire anche da subito e abbiamo individuato dei percorsi per seguire queste famiglie che stanno vivendo situazioni di disagio anche molto diverse fra loro. Abbiamo voluto illustrare le possibilità a loro disposizione, in primo luogo quella di partecipare ai tirocini formativi». In sostanza, si tratta di un contributo di 400 euro mensili per sei mesi di stage formativo in aziende già selezionate dall’assessorato «al termine dei quali potrebbero anche aprirsi per loro eventuali sbocchi lavorativi – aggiunge Parisi – il punto principale è che comunque per accedervi dovrebbero fare regolare istanza ai nostri uffici». 

Altra opportunità offerta ai manifestanti è quella di fare richiesta per essere inseriti nel reddito di inclusione. «Anche in questo caso, però – sottolinea l’assessore – dovrebbero presentare regolare istanza ai nostri uffici anche perché il 70 per cento delle persone che stanno manifestando in questo momento in cattedrale erano assolutamente sconosciuti ai servizi sociali e alcuni di loro non hanno mai presentato domanda per gli alloggi popolari». Stando a quanto affermano i manifestanti, pur senza aver seguito un iter istituzionale regolare, avrebbero avuto in passato dei colloqui con gli assistenti sociali del Comune ma avrebbero poi fatto dei passi indietro di fronte all’impossibilità di avere delle risposte alle loro esigenze in tempi brevi.

«Abbiamo dimostrato di essere disposti sia dal punto di vista politico che amministrativo – aggiunge Parisi – ad andare incontro alle loro singole necessità avanzate che abbiamo preso in esame, ma ci è stato chiaro fin da subito che sono andati via dall’incontro rimanendo completamente insoddisfatti dalle possibilità che abbiamo offerto. Non possiamo accontentare chi chiede di avere una casa e un lavoro subito senza seguire le regole della legalità e della trasparenza. Anche perché altrimenti gli altri cittadini che hanno fatto regolare domanda e sono già in graduatoria si vedrebbero scavalcati da chi sta usando la forza dell’occupazione per far valere i propri diritti». Alcuni dei manifestanti però ricordano ancora che nel 2005 dopo una protesta analoga erano riusciti a ottenere un lavoro nella raccolta dei rifiuti solidi urbani e una casa popolare anche senza essere regolarmente inseriti in una graduatoria. «Stiamo parlando di 13 anni fa – risponde l’assessore – e in ogni caso chi lo ha fatto se ne è assunto la responsabilità, noi non lo faremo».


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