«Ogni scusa è buona per tornare in Sicilia. La vostra terra è molto ospitale: ha solide e antichissime radici e allo stesso tempo non ha paura del nuovo». Il regista Alessandro Piva è solo l’ultimo di una lunga serie di artisti e autori che arriva nell’isola al centro del Mediterraneo per studiarla e lavorarci, rimanendone folgorato. Arriva a Salina per l’anteprima, nella decima edizione del Salina Doc Fest, di Due Sicilie, film documentario prodotto da Seminal Film in associazione con Istituto Luce – Cinecittà e realizzato in collaborazione con la Regione Siciliana e la Sicilia Filmcommission.
Già dal trailer si evince come il documentario sia un atto d’amore verso una terra, la Sicilia, dove protagonista è il confronto tra ieri e oggi: tra le immagini in bianco e nero di maestri come De Seta, Saitta e Quilici, nonché della moltitudine di reporter sconosciuti che raccontavano l’Italia intera per l’Istituto Luce, contrapposte ai filmati odierni a colori ripresi dal regista di origini campane.
Piva è andato a confrontare i luoghi narrati nel passato con quello che sono diventati oggi. Così le terre di acque e di tonnare raccontate dal regista Vittorio De Seta diventano, a distanza di decenni, terre di hotel e resort di lusso. Ma la modernità intesa in senso pasoliniano non ha intaccato il cuore della Sicilia. «Non mi sembra sia cambiato molto – sostiene il regista -. Pensavo a un’isola stravolta, invece la mia sensazione è che ci sia un continuum. Certamente qualcosa è cambiato, penso ad esempio al grano, al modo di coltivarlo, alle persone che ci lavorano che si sono ridotte di molto. Però poi se si guarda ad esempio alla festa di Santa Rosalia non è lontana da quella di parecchi anni fa».
Da dove nasce allora l’idea di raccontare le due Sicilie? «Ho sempre voglia di esplorare territori a me sconosciuti – continua il regista -. Volevo conoscere la Sicilia al di là dei luoghi comuni. Ho trovato un’isola forte ed espressiva, dall’umanità intensa». E l’esplorazione, in fondo, è il leitmotiv di un autore come Piva. Capace, nel corso di una carriera eclettica, di passare da produzioni cinematografiche importanti (Mio cognato, I milionari) a opere documentaristiche indipendenti. Passando senza soluzione di continuità dalla radio alla tv, dall’opera al teatro.
Il documentario Due Sicilie ha significato un anno di lavoro, tra la ricognizione di sterminati materiali d’archivio, le riprese, durate alcune settimane, e il montaggio. «Il grosso del lavoro è stato accostare con consapevolezza le immagini di ieri e di oggi – spiega Piva -. Si trattava di armonizzare un materiale molto eterogeneo. Importanti sono state anche le settimane spese col musicista Giovanni Scuderi, che è stato capace di fornire ulteriori connessioni al tessuto narrativo». La prima del documentario non poteva perciò che essere nella terra dove è stato girato. Alla sola idea di come potrà essere recepita la sua opera a Salina, Piva freme. «Il mio rimane lo sguardo di un esploratore curioso, di chi comunque in Sicilia non ci vive. Sarà lo spettatore a decidere l’interpretazione da dare al mio lavoro. Non vedo l’ora di arrivare», conclude.
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