Due gruppi armati per la gestione della droga in città Dagli «Ottantapalmi» gli aiuti alle famiglie dei detenuti

Le partite di droga avevano i nomi delle scarpe. Un linguaggio cifrato che i militari della guardia di finanza di Catania sono riusciti a decodificare. Così, nell’operazione Shoes, è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 25 persone (21 in carcere e quattro ai domiciliari), indagate a vario titolo per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana, hashish e crack) aggravata dalla finalità di agevolare il clan Santapaola-Ercolano e dalla detenzione di armi.

Le indagini si sviluppano tra gennaio 2017 e novembre 2018 quando i blitz antidroga evidenziano le attività di diversi gruppi criminali organizzati: fornitori campani, albanesi, calabresi e laziali facevano arrivare grosse quantità di droga da smerciare in Sicilia orientale. Pacchetti che avrebbero fruttato fino a 2,5 milioni di euro. A maggio 2019 il blitz Stop and go della finanza segna uno spartiacque: 16 persone, parte di due diverse associazioni criminali, vengono arrestate. La base era Catania ma i tentacoli della piovra si allungavano fino a Torino, Siena, Reggio Calabria, alla Spagna e al Sud America.

Dai risultati di quell’inchiesta parte Shoes. Che ha permesso di tracciare i traffici criminali di due associazioni armate che trafficavano droga. Una delle quali aveva come obiettivo quello di agevolare il gruppo degli Ottantapalmi, poi assorbito dai Nizza. Con i proventi illeciti si finanziavano le famiglie dei detenuti di Cosa nostra catanese.

Dei due gruppi, il primo era capeggiato da Giuseppe Vasta (classe 1988): viene arrestato a Zia Lisa con 1,3 chili di cocaina nascosta tra salsiccia e ‘nduja. In Stop and go era uno dei collettori dell’hashish e dell’eroina che sarebbero state fornire da Alfio Giuseppe Maggiore (detto Graziano, cantante neomelodico, classe 1988) e Giuseppe e Orazio Valentino. La droga sarebbe stata venduta all’ingrosso ai fornitori delle piazze di Librino, San Cristoforo e Villaggio Sant’Agata. Tra gennaio e giugno 2017, Vasta sarebbe stato il capo dell’associazione con la collaborazione di Graziano Maggiore, dei suoi cognati Agatino Maurizio Ventimiglia (classe 1974) e Giovanni Papa (classe 1973), e di Cristian Crisafulli (classe 1983). A questi tre sarebbe spettato il compito di trovare lo stupefacente e rivenderlo a Catania. Secondo le indagini, anche mentre era in carcere Vasta (soprannominato Bakù dai fornitori napoletani in onore di una piazza di spaccio di Scampia) avrebbe fornito indicazioni ai suoi tramite la moglie.

I fornitori di Vasta sarebbero stati i seguenti gruppi criminali: per la cocaina ci sarebbe stato il gruppo di Catello Gargiulo (classe 1974), Maurizio Vitale (classe 1987), Fortunato Vitale (classe 1973) e Antonio Pane (classe 1987), operanti a Castellammare di Stabia (Napoli); per la marijuana, i riferimenti sarebbero stati Carmelo e Giovanni Nicolò Straniero (classe 1971 e 1991) e Gaetano Sessa Dammone (classe 1989), stanziati tra Scordia e Militello in Val di Catania; per hashish e marijuana, infine, i riferimenti sarebbero stati nel Lazio e avrebbero avuto i nomi albanesi di Klodian Shkrela (1984) e Rodolf Sotiri (1975), oltre che Salvatore Catania (1983).

A Giuseppe Vasta è stato inoltre sequestrata la ditta individuale di Isabella Giuffrida, moglie di Vasta, che gestiva da gennaio 2018 il bar Rocher di via Acquicella. Nell’ultimo decennio, la famiglia Vasta avrebbe dichiarato un reddito complessivo di seimila euro. La sproporzione, per i finanzieri, è quantificata in circa 350mila euro

Stando a quanto emerso dall’indagine, c’era poi un’altra associazione criminale armata. A guidarla sarebbe stato Sebastiano Sozzi (detto Davide, 1982): con Silvana Mirabella (sua moglie, classe 1980) si sarebbe occupato di procurare cocaina e crack da fornitori catanesi e calabresi. Nel gruppo ci sarebbero stati anche Francesca Patrocelli (1985), magazziniera; Antonino Mirko Guglielmino (detto Nino Coccolino, 1992), organizzatore della piazza di via Alogna); Salvatore Amato (1998), Roberto Spampinato (1971), Antonino Fuselli (1974), Angelo Cristofaro (1957), quest’ultimo broker e recupero crediti. Stabili fornitori sarebbero stati Angelo Pasqualino (1982) e Maurizio Valenti (1974).

Intercettato, Sozzi avrebbe dichiarato di usare i soldi dello spaccio per le famiglie mafiose legate all’ex gruppo Ottantapalmi (dal nome con il quale via Acquicella è conosciuta a Catania) dei Santapaola-Ercolano. Sebastiano Sozzi sarebbe vicino alla famiglia Amato, imparentata direttamente con Nitto Santapaola. I legami si sarebbero sviluppati con Salvatore Amato (1955), reggente del gruppo Ottantapalmi, spostato con Grazia Santapaola (1957), cugina di primo grado di Nitto. E poi Alfio Amato (1980), figlio dei due, e Francesco Scuderi (Niculitto), genero degli Amato Santapaola. 


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