Due film, un bivio: partire o restare? Al King un evento targato CTzen e RadioLab

Andare o restare? Ma soprattutto, cosa fare? Sono queste le domande che ogni neolaureato si pone dopo aver raggiunto la tanto agognata conclusione del proprio percorso di studi. Perché, chiusa una porta, è assai difficile sapere quale sia o dove si trovi il portone aperto che si affaccia sul futuro. Questa è la storia raccontata da Il pezzo di carta, il nuovo cortometraggio del giovane videomaker catanese Marco Pirrello, in cui sono raccolti in 25 minuti di pellicola tutti i dubbi, le difficoltà quotidiane e le incertezze degli studenti che, finita l’università, si trovano davanti alla scelta di lasciare Catania oppure restarci per provare a migliorarla.

Il pezzo di carta sarà proiettato in anteprima assoluta nell’ambito dell’evento «No surrender: storie di chi parte e di chi resta». Una serata organizzata dal Cinestudio, in collaborazione con RadioLab, il nostro quotidiano Ctzen e l’associazione a sostegno del giornalismo universitario Upress, e ospitata dal cinema King di Catania il 13 febbraio alle 20.15. Occasione in cui a parlare saranno le immagini che scorrono sul grande schermo.  A seguire, ci sarà la proiezione di Italy: love it or leave it, il documentario di Gustav Hofer e Luca Ragazzi. La storia, diversa ma simile, di altri giovani, che girano l’Italia alla ricerca delle giuste motivazioni per amarla, o di quelle più valide per lasciarla.

«Il pezzo di carta è la laurea, quel foglio per il quale tanto si suda ma che, una volta che ce l’hai in mano, non hai ben capito a cosa ti serva», spiega Marco Pirrello, 26 anni, che dopo la laurea in Scienze della comunicazione, la sua città l’ha lasciata alla volta di Roma, dove attualmente vive per trasformare in lavoro il suo talento dietro alla macchina da presa. Videomaker e regista, ha fatto parte della redazione di Step1, dove per anni ha dato lustro alla sezione video del magazine, realizzando lavori di successo come il rockumentary My Hometown Catania, sulla musica nata sotto al Vulcano. Marco è anche l’autore e il regista dello spot promozionale di CTzen.

Scritto insieme agli altrettanto giovani concittadini Andrea Spinello e Roberto Zito, Il pezzo di carta «è nato per caso – racconta Marco – con una sceneggiatura che racconta di un momento di difficoltà vissuto da uno studente prossimo alla laurea, che si scoraggia a tal punto da pensare di mollare ad un solo esame dalla fine». Difficoltà a prima vista banali ma che potrebbero capitare a tutti: «È una tematica che mi sta a cuore e in cui mi sono rivisto anche io, così ho deciso di realizzare questo progetto», racconta il regista. Ne è venuta fuori una «testimonianza leggera e reale» di quello che gli studenti vivono ogni giorno.

Il protagonista – interpretato dal brillante Giacomo Buccheri, anche lui del Catanese e attore teatrale emergente oggi nel cast del musical Sister Act, in scena al teatro Nazionale di Milano – è uno studente che vive un attimo di sbandamento, «ma non è uno sbandato – precisa Marco – Crede nel valore della laurea come crescita, studio e formazione, ma dubita del “pezzo di carta” come strumento per andare avanti nell’Italia di oggi». Le musiche originali del corto sono di Riccardo Trinaistich, voce del gruppo etneo dei Narayan, con cui Marco collabora con successo da lungo tempo.

Ricalcando il tema della serata del 13, secondo Marco – che come s’è detto da qualche mese ha lasciato Catania per trasferirsi nella Capitale – partire o restare è una scelta soggettiva, difficile, ma spesso, come nel suo caso, obbligata. «I motivi ci sono e sono innegabili – dice – Per realizzare i sogni o perseguire gli obbiettivi che ci prefiggiamo, si devono fare dei sacrifici e si deve essere disposti ad accettare tutte le conseguenza per arrivare alla meta».

La sua fa parte delle scelte obbligate perché a Catania – come nel resto della Sicilia e al Sud in generale – per chi vuole fare cinema, uscire dall’amatoriale, anche se di ottima qualità, è difficile. «Qui i mezzi sono quelli che sono – lamenta – Il pezzo di carta l’abbiamo realizzato in meno di un mese, con un budget di 30 euro», racconta Marco. Lavoro autoprodotto, perché «la storia è valida e le idee per mettere in piedi il corto non mi mancavano, ma mi sarebbe piaciuto poter lavorare in maniera più organizzata, avere più tempo per scrivere la storia e per girare, non dover ricorrere agli amici per fare le comparse o alle nostre case per le locaton, e poter dedicare di più al progetto come ad un lavoro. Ma non è facile».

Ma Marco, anche se ha lasciato la sua città, non si schiera del tutto dalla parte di chi pensa che andare via sia l’unica salvezza, perché crede che chi parte «può sempre ritornare e, grazie a ciò che acquisisce fuori, fare qualcosa di buono insieme a quelli che, invece, sono rimasti».

[Foto di degra™]


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