Una vasta organizzazione criminale che vedeva a capo tre fratelli, aiutati dalle compagne di due di loro. Il commercio di marijuana e cocaina avveniva tra diverse province della Sicilia Orientale, mentre il rifornimento delle sostanze veniva effettuato in Calabria, da un ex compagno di cella del capo del gruppo, Marco Scrivano. Un sodalizio instauratosi dopo i cattivi rapporti con Cosa nostra etnea, sfociati in minacce di morte a seguito dei mancati pagamenti da parte de membri della rete. Guarda le foto e il video
Droga, rete siculo-calabrese dello spaccio Gli Scrivano di Randazzo tra i 16 arrestati
Una vasta rete di approvvigionamento e spaccio di droga condotta in famiglia. Con un bimbetto di un paio d’anni in braccio. È il traffico scoperto dai Carabinieri di Randazzo che la scorsa notte hanno notificato 16 arresti – nove in carcere e sette ai domiciliari – ad altrettante persone, tra cui sei soggetti già detenuti. L’operazione si è svolta nelle province di Catania – a Randazzo, Castiglione di Sicilia, Maniace e Aci Catena -, Reggio Calabria – nel Comune di Bianco -, Ragusa e Messina. Tredici degli arrestati dovranno adesso rispondere di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e tre di traffico e spaccio in concorso. Nel corso del blitz sono anche stati sequestrati più di un chilo di marijuana, 300 grammi di cocaina e 200 grammi di sostanza da taglio.
L’indagine comincia a luglio 2012 a Randazzo, dove i carabinieri arrestano un commerciante 28enne, Francesco Longhitano, nella cui abitazione viene ritrovata oltre un chilo di marijuana. I successivi approfondimenti però hanno portato i militari a scoprire che il giovane conservava la droga per conto di tre fratelli pregiudicati: Marco, Martino e Giuseppe Scrivano, tra gli arrestati la notte scorsa. Una famiglia nota alle forze dell’ordine non solo per i precedenti per sostanze stupefacenti: Marco Scrivano, infatti, era già stato arrestato anche per aver costruito una bomba artigianale.
I tre comunque non lavoravano da soli. Nel corso di cinque mesi di indagine, i carabinieri hanno ricostruito l’intera organizzazione criminale che capeggiavano e di cui facevano parte anche Veronica Trovato e Rosaria Tabuso, rispettivamente convivente e moglie di Marco e Martino Scrivano. Le due donne si occupavano per lo più della parte contabile, ma senza tralasciare un ruolo operativo soprattutto nell’aiuto a eludere i controlli delle forze dell’ordine. Erano loro a raccogliere dagli altri membri del gruppo i soldi necessari all’acquisto della droga e a girarli su carte prepagate ai compagni per concludere l’affare.
Almeno fino a quando l’organizzazione criminale non aveva problemi di liquidità. Una crisi che avrebbe portato anche a un cambio di fornitori e ad aprire il canale con la Calabria. In un primo momento dell’attività, infatti, il gruppo si riforniva ad Aci Bonaccorsi da tre presunti esponenti del clan etneo Santapaola-Ercolano: Orazio Licciardello, Fabrizio Bella e Giuseppe Gurgone. Ma quando gli Scrivano cominciano ad avere problemi con i pagamenti, i rapporti con Cosa nostra mostrano tutti i suoi rischi, tra cui le minacce di morte indirizzate ai tre fratelli. È così che Marco Scrivano riallaccia i contatti con un suo ex compagno di cella, il calabrese Domenico Staltaro, pregiudicato conosciuto a piazza Lanza durante una comune detenzione nel 2010. Staltaro diventa quindi il fornitore della rete di spaccio diffusa in diverse province della Sicilia Orientale. Per i pagamenti, quando mancano i contanti, si accontenta anche di ricevere auto e moto di grossa cilindrata.
«Questa operazione è una concreta risposta alle richieste di maggiore sicurezza da parte dei cittadini – commenta il comandante della compagnia dei Carabinieri di Randazzo Cosimo Vizzino – Una richiesta che non riguarda solo Catania ma anche la sua provincia, dove la presenza dello Stato è spesso assicurata solo dalla capillarità dell’Arma».