il Post Rock, un genere, un ibrido. Dna della nuova forma del rock moderno internazionale. Superamento, snaturamento o violenza intellettuale?
Dopo il Rock
Come è consuetudine in questi casi, appare utile partire con un’analisi etimologica del termine: nel nostro caso POST ROCK.
Perché è stato utilizzato ‘Post’ e non ‘New’? Perché non infarcire ROCK con aggettivi diversi come già accaduto in altri casi? (vedi alternative rock, indie rock, punk rock).
Perchè POST suggerisce lo snaturamento, la violenza intellettuale, il superamento (senza accezioni positive o negative) di quella forma di musica che si fa ricondurre ai grandi classici ’60/’70 e dei figli che questi hanno lasciato con gli anni.
Il post rock ha difficili se non impossibili collocazioni spazio-temporali, certo è che la maggior parte dei gruppi che potrebbero rientrare nella categoria vengono dagli Stati Uniti e hanno iniziato le loro carriere orientativamente verso la fine della prima metà dei Novanta (’93-’94).
Ma ad esempio il musicista inglese Parish battezza gli Slint ed il loro album Tweez del lontano 1987, pionieri del genere.
Ma cos’è questo superamento del rock?
Tentiamo di dare una dimostrazione pratica accostando due lavori dello stesso gruppo: i Radiohead.
Si tratta di The Bends del 1994 e Amnesiac del 2001.
Dal primo al secondo assistiamo a: 1) disintegrazione dell’antica forma “strofa-ritornello-strofa” per una struttura libera ed incondizionata 2) perdita d’identità dei musicisti, nascosti sotto strati d’elettronica ed effetti sonori (la voce di Tom Yorke è resa irriconoscibile da storpiature e dilatazioni) 3) la vecchia strumentazione tipica del rock (chitarre, basso, batteria) viene totalmente strizzata in architetture ora scheletriche ora caratterizzate da campionature e musica digitale.
Si può quindi affermare che il binomio Kid A (2000) – Amnesiac (2001) trova spazio nel “nostro” Post Rock.
Ma non solo Radiohead, i 14 minuti di Mogwai fear Satana dei Mogwai, gruppo scozzese, sono un ulteriore modello di POST. Il pezzo è strumentale, vale a dire senza voce, e non rispetta mai un canovaccio “narrativo”. In poche parole il suo è uno sviluppo estemporaneo, come una storia raccontata di getto, una sorta d’improvvisazione controllata che rispetta la logica del causa-effetto senza rivolgersi mai indietro.
E’ evidente lo snaturamento anche negli islandesi Sigur Ròs, la cui capacità è quella di resuscitare il minimalismo con strutture sonore evanescenti ed anonime (l’ultimo album non porta titolo e le canzoni sono senza nome e solo numerate dalla 1 alla 8). Così, l’antico titanismo mediatico delle rockstar e delle proprie band (vedi Jagger, Axl Rose, Iggy Pop, Lou Reed ecc..) viene sfaldato completamente dall’anonimato, magari di tendenza, ma efficace.
Ad esempio, sempre i Sigur Ròs, propongono nei loro album, una lingua fittizia, l’Hopelandic (una mescola d’islandese e parole inventate), che rende ancor più inarrivabili le tracks ed il gruppo che le sforna.
Anche i Tortoise abbandonano la voce a favore dello strumentalismo ed in più propongono degli arrangiamenti “barocchi” arricchiti da strumenti alieni prima in terra-rock: xilofono, percussioni, tamburi, arpa, vibrafono, in un’evidente mescola col jazz.
Ed ulteriore pilastro-rock che precipita coi Tortoise è l’identificazione artista-strumento suonato. Nel gruppo di Chicago tutti suonano tutto, è l’alternanza dei ruoli forse la vera forza della band che nei concerti propone questo bizzarro valzer delle posizioni.
Alcuni gruppi Post-Rock più celebri (oltre quelli già citati): Mercuri Rev, Eels, Giant Sand, Sparklehorse, Golfrapp, Low, Giardini di Mirò, Massimo Volume, How Animals, Super Furry animals.