Dopo Barcellona, Edinburgo e Bilbao, è l’ora di Palermo: pronta la Marcia per l’Indipendenza Siciliana

LA VOGLIA DI STACCARSI DA STATI UNITARI PIEGATI AI DIKTAT DELLA FINANZA EUROPEA E’ CONTAGIOSA. IN SPAGNA FOLLE OCEANICHE PER AFFERMARE IL DIRITTO ALL’AUTDETERMINAZIONE DEI POPOLI. LO STESSO SUCCEDE AD EDINBURGO. ED ORA IN SICILIA…

Si scaldano i motori per quella che sarà la prima ‘Marcia per l’Indipendenza siciliana’, in programma per domenica 30 Marzo a Palermo. Mentre continuano ad arrivare le adesioni da ogni parte della Sicilia e da tantissime associazioni di cittadini, per le strade del capoluogo siciliano e di Catania, spiccano i gazebo informativi. Ai cittadini viene distribuito un volantino con su scritto:

«La Sicilia si lascia derubare dall’Italia, dall’Europa, dalle banche e dagli speculatori. Regala il suo territorio a chi vuole succhiare il petrolio, scaricare veleni o costruire basi militari. Ciò che resta se lo spartiscono i partiti italiani collaborazionisti e i loro servi locali. Per i siciliani, senza voce politica e senza diritti, non resta più nulla. Ma noi cosa siamo disposti a fare, oltre che a lamentarci, per conquistare la nostra libertà?».

«Il 30 marzo di 732 anni fa – spiegano gli organizzatori sul volantino – i Siciliani combattevano per liberarsi dal malgoverno degli Angioini: era la rivoluzione del Vespro Siciliano. Oggi i nostri colonizzatori sono l’Italia e l’Europa, che ci hanno condannati alla povertà con l’Euro. Il 30 marzo 2014 riscriviamo la nostra storia, compiendo il primo passo verso l’indipendenza della Sicilia, verso la nostra libertà».

I promotori, sono cittadini che da anni si battono per il riconoscimento delle prerogative dello Statuto siciliano e che già hanno organizzato manifestazioni pubbliche, come quella dell’Ottobre del 201o a Palermo, in cui si chiedeva al Governo siciliano di fare sentire la propria voce sul tema, ad esempio, delle risorse che spettano alla Sicilia ma che trattiene Roma (articolo 37 dello Statuto, secondo cui le imprese che producono in Sicilia ma hanno sede legale altrove devono pagare qui le imposte).

“L’indipendenza avrebbe come effetto immediato l’impossibilità da parte di alcuno di rapinarci- dice Santo Trovato, tra i promotori dell’evento con la sua associazione Siciliani in Movimento. Che aggiunge:

“Alcune regioni europee stanno puntando sui referendum popolari, per esempio la Catalogna e la Scozia. Noi vorremmo seguire questa strada che per il momento, comunque, non è perseguibile in Sicilia, dato che la disinformazione Statale ha convinto i siciliani che senza la “mamma Italia” non riusciremmo a sopravvivere. Ma noi sappiamo che così non è! La Marcia per l’Indipendenza serve anche per incuriosire il siciliano e spingerlo a farsi delle domanda, per esempio “cosa cambierebbe grazie all’indipendenza e quali sarebbero i vantaggi?” – Già queste domande prevedono che ognuno si interroghi e vada a trovarsi le risposte”.

“Allo stato dell’arte, – dice Trovato- da studi effettuati da illustri e competenti economisti siciliani, se lo Statuto Siciliano venisse applicato alla lettera, senza interpretazioni degne dei migliori sofisti dell’antica Grecia, quindi senza truffe o inganni, la Regione Siciliana introiterebbe da 6 a 7 miliardi di euro (qualcuno arriva anche a 10 miliardi) in più rispetto a quanto attualmente le viene (sulla carta) devoluto. Al netto dei costi di cui la Sicilia dovrebbe farsi carico se lo Statuto venisse attuato alla lettera, e cioè di alcune competenze che attualmente gravano sulle casse dello Stato italiano. (qui l’intervista integrale a Santo Trovato).

Insomma, la via catalana si fa sempre più popolare in Sicilia. In Europa, come sappiamo ( ve lo raccontiamo negli articoli in allegato) già lo è. A Gennaio di quest’anno, una folla oceanica ha invaso le strade di Bilbao per chiedere l’indipendenza dalla Spagna. La stessa cosa era avvenuta a Barcellona qualche mese prima e ad Edinburgo.

L’ insofferenza verso Stati sempre più schiavi della finanza e delle banche europee, che non riconoscono  il diritto all’autodeterminazione dei popoli – in contrasto non solo con i principi dei Padri nobili dell’Unione europea, ma anche con le decisioni assunte dall’Onu – è ormai una valanga.

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