Donne del Sud in cerca di lavoro Atto II

La donna disoccupata del Sud del precedente articolo è ora alle prese con un’altra riflessione che vuole condividere con tutti. Avendo preso atto che è una risorsa già ‘ammortizzata’ per lo Stato, non si arrende e dopo la consultazione dei numerosi siti di ricerca lavoro, timidamente invia qualche curriculum vitae (cv d’ora in poi)).
A chi? Scopre, grazie ai suggerimenti di chi l’ha già fatto, che deve inserire un indirizzo di Roma o Milano se intende candidarsi per una posizione lavorativa in quelle città. Così si chiede perplessa se fosse sotto effetto dell’alcool quando ha sentito dire al Ministro Cancellieri che noi vogliamo solo il lavoro sotto casa! Se lo chiede perché lei sta decidendo, su due piedi, di lasciare la sua terra pur di lavorare, e non pensa certo di poter scegliere di stare vicino a mamma e papà: è obbligata dalle circostanze, e sarà sola ad affrontare la spesa di un trasferimento e il costo della vita nella nuova città. Si chiede inoltre: ma se le aziende non assumono se non quelli che abitano nei pressi della propria sede legale, a che gioco gioca la Cancellieri con le sue affermazioni, al gioco dei pazzi?
Già, perché, ricapitolando, abbiamo la seguente situazione: le aziende cercano personale che viva nei pressi della loro sede legale, mentre il Ministro Cancellieri ci accusa di non volerci muovere da casa; lo stesso Ministro e ci invita a spostarci dove c’è lavoro, che però non è accessibile, spostandoci al Nord del Paese, scopriamo, per l’appunto, che cercano personale del luogo. Risultato finale: restiamo senza alcun lavoro.
Già, perché anche se mettiamo un indirizzo di Milano o Roma, le attività svolte fino all’ultimo scampolo di lavoro sono tutte presso la propria città che, guarda caso, è del Sud! Nessuna esperienza fuori porta! Dunque è palese che l’indirizzo non corrisponde alla residenza. Risultato: cv cestinato.
Superata l’umiliazione di doversi inventare una residenza, si deve ricomporre tutto il cv per adattarlo agli strani nomi delle qualifiche ricercate (per capire le quali ci vuole un traduttore italiano-inglese), e che in genere corrispondono alle solite figure che esistono dall’emanazione dello Statuto dei lavoratori ad oggi
Ora io dico: va bene che abbiamo perso due guerre e dunque subiamo l’influsso anglo-americano, ma l’Italia è un Paese dotato di lingua propria, e i suoi lavoratori, se ce ne sono ancora, dovrebbero poter comprendere quali siano le richieste delle aziende ed evaderle.
Oggi un povero disoccupato deve: parlare correntemente almeno 2 lingue, anche se il lavoro è a Pinerolo! Deve avere un cv stringato e pertinente con la candidatura (cioè aver fatto solo quello nella vita), o avere un’età compresa tra i 22 e 30 anni. Infine, ma non meno assurdo, la durata del contratto varia da tre mesi a un anno (rinnovabile dicono loro!).
A questo punto la donna del Sud di età al di sopra della media citata prima, dopo aver dovuto inventare la residenza, con acrobazie aver ricostruito il cv, aver fatto un corso 24h su 24h a costi proibitivi di inglese e almeno tedesco per qualche mese, aver prosciugato le scarse risorse economiche per preventivare trasferimento e permanenza, scopre che tutto ciò dura un anno al massimo!
Ecco che la donna del Sud disoccupata passa dalla risata isterica alla disperazione, si chiede perché nelle grandi catene che hanno aperto nella sua città ci sono solo ragazzini del Nord? Si chiede perché la regola della residenza come criterio preferenziale non vale al contrario al Sud? Si chiede se la Cancellieri sappia cosa significa sentirsi senza futuro come lei e tante altre oggi!
Il computer resta acceso e il cv non inviato.

 

 

 

 

Stella Pucci

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