Domiciliari anche per il boss dell’Uditore Pino Sansone Fava: «Non prendiamo a pretesto il Covid dopo 4 mesi»

Dopo Francesco Bonura, boss di Passo di Rigano in galera dal 2006 uscito ieri dal carcere milanese di Opera per differimento pena deciso per le gravi condizioni di salute, a lasciare la prigione è anche Pino Sansone, classe 1950, sottoposto anche lui ai domiciliari. Il boss dell’Uditore, quindi, tornerà a casa. Questa la decisione del tribunale del Riesame di Palermo. «Al di là del comprensibile smarrimento che la notizia ha creato nei familiari delle vittime di mafia, non si può non sottolineare che il trasferimento ai domiciliari per il boss Giuseppe Sansone appare una palese contraddizione dei motivi stessi per cui sarebbe stato disposto», il commento del sindaco Leoluca Orlando.

«Nel momento in cui da mesi si sostiene che l’isolamento e la quarantena sono le forme migliori di prevenzione e tutela della salute, credo che proprio il regime di 41-bis sia paradossalmente la migliore forma di tutela della salute per i detenuti, per gli operatori carcerari e per i familiari dei detenuti – spiega il primo cittadino commentando in questo modo anche il caso analogo, quello della scarcerazione di Bonura, che a differenza di Sansone si trovava in regime di carcere duro -. Esporre il boss ai rischi di contagio che derivano dal farlo andare in un ambiente non protetto credo sia un atto cui mi auguro che il Tribunale ponga immediatamente rimedio». Sansone era detenuto nel carcere di Voghera, dove solo alcune settimane fa era morto per Covid Antonio Ribecco, boss dell’ndrangheta. Un episodio che potrebbe aver influito sulla scelta di spostare ai domiciliari Sansone, alla luce di una situazione non poco critica all’interno di alcuni istituti di pena a causa dell’emergenza sanitaria in corso, nonché alla luce delle sue condizioni di salute non ottimali. 

Pino Sansone, alias bulldog, era rimasto coinvolto nel blitz dell’estate scorsa New Connection, che ha mandato all’aria i piani degli scappati di Cosa nostra di riprendersi il posto lasciato con la fuga oltreoceano durante la guerra coi corleonesi. Sansone è considerato uno «particolarmente attivo nella gestione di varie attività economiche» a Palermo, a leggere le carte dell’ultima inchiesta che lo ha visto coinvolto, imprenditore dell’organizzazione con la passione per le auto sportive e un reddito annuo non proprio in linea con certi lussi che si concedeva. Per gli investigatori, condivideva la stessa voglia di riscatto di una delle famiglie mafiose più importanti degli anni ’80, quella degli Inzerillo. A maggio Sansone compirà 70 anni, un traguardo che potrà festeggiare nella propria abitazione palermitana.

«Non prendiamo a pretesto il Covid – commenta anche Claudio Fava rispetto alla notizia di scarcerazioni come quella di Sansone -. Ad epidemia in fase discendente e trovandosi in condizioni di necessario isolamento al 41 bis, sarebbe ipocrita giustificare le scarcerazioni con i rischi legati al corona virus, oltre che offensivo per le migliaia di anziani morti per le condizioni di promiscuità sociale e sanitaria in cui si sono trovati. Se volete scarcerare Bagarella e Santapaola – conclude presidente della Commissione Regionale Antimafia siciliana – fatelo assumendovi la responsabilità di trovare una valida e legittima giustificazione. Che non può essere, a quattro mesi dall’inizio della pandemia, il rischio del contagio, mentre migliaia di detenuti in attesa di giudizio o con pene lievi restano esposti, loro sì, al rischio contagio nelle fatiscenti carceri italiane».

Intanto, gli avvocati Giovanni Rizzuti e Marco Giunta, difensori di Giuseppe Sansone, precisano che «il signor Sansone si trova in attesa di giudizio e, come tale, risulta assistito dalla presunzione di non colpevolezza. Lo stesso non si trovava al regime penitenziario speciale di cui all’articolo 41 bis e nei suoi confronti – proseguono – non è stata mai anche soltanto ipotizzata una partecipazione al sodalizio mafioso aggravata dal ruolo di capo o promotore. Sansone, quasi settantenne ed affetto da patologie, in assenza, quindi, di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, avrebbe dovuto per legge essere ammesso agli arresti domiciliari, al pari di altri suoi coindagati in posizioni analoghe», concludono.


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