Diventa un caso nazionale la perquisizione dello studio di un avvocato a Palermo

Diventa un caso nazionale la perquisizione nello studio di un avvocato, da parte della Polizia giudiziaria, andata in scena a Palermo, una decina di giorni fa. La storia l’ha raccontata al nostro giornale l‘avvocato Stefano Giordano, difensore del suo collega che ha subito la perquisizione.

In seguito a quanto avvenuto la Camera Penale di Palermo, “Girolamo Bellavista”, ha già dichiarato lo stato di agitazione. Adesso c’è anche l’intervento della Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane con un documento inviato al Ministro di Grazie e Giustizia e ai vertici della magistratura.

“La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane – si legge nel documento – richiamati le iniziative e i precedenti documenti – in particolare la delibera di astensione dalle udienze proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane in data 24 ottobre 2011 – con cui negli ultimi anni si sono denunciate le ripetute violazioni delle garanzie poste a sostegno del diritto di difesa, sostanziatesi in veri e propri atti di intimidazione dei difensori posti in essere dagli organi inquirenti, e dalla stessa Autorità Giudiziaria, anche attraverso intercettazioni e perquisizioni di avvocati disposte senza rispettare i divieti o le cautele che la legge impone a tutela dei difensori e, dunque, del diritto di difesa previsto e garantito dalla Costituzione fra i diritti fondamentali della persona”;

“preso atto che la Camera Penale ‘G. Bellavista’ di Palermo con delibera del 6 giugno 2013 ha segnalato l’avvenuta perquisizione di uno studio legale, e di conseguenza l’accesso non consentito ai fascicoli difensivi, su iniziativa della Polizia giudiziaria ma in assenza dell’osservanza delle procedure previste dall’art. 103 c.p.p., ed ha manifestato la propria protesta per la violazione della funzione difensiva, proclamando lo stato di agitazione”;

“osservato:

– che la tutela riservata al difensore nello svolgimento della attività difensiva deve essere massima, come sempre ha ribadito la Corte Costituzionale, da ultimo con la sentenza n° 1/2013;

– che gli studi legali e i fascicoli in essi contenuti non possono essere oggetto di perquisizione senza le garanzie previste dalla legge, e segnatamente senza la partecipazione e la previa informazione del pubblico ministero e del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati; (a destra, l’avvocato Stefano Giordano)

che desta preoccupazione la disinvoltura con la quale in maniera sempre più frequente gli studi legali vengono violati, quasi si trattasse di luoghi pubblici;

– che l’accesso agli studi legali non autorizzato dall’Autorità Giudiziaria di per sé costituisce un vulnus al diritto di difesa dei cittadini, ma lo è a maggior ragione se all’ingresso nello studio legale segua la visione dei fascicoli in esso custoditi, ed in misura massima qualora tale visione non sia giustificata dall’oggetto cercato”; 

“esprime

forte preoccupazione, per la ripetizione di accadimenti che mettono in discussione il tasso di  democraticità del nostro Stato, e piena solidarietà all’avvocatura penalista palermitana”; 

“dispone

l’invio della presente delibera al Ministro della Giustizia, al Procuratore Generale presso la Corte  Suprema di Cassazione, al Presidente della Corte di Appello di Palermo, al Procuratore Generale  presso la Corte di Appello di Palermo, al Presidente del Tribunale di Palermo, al Procuratore della  Repubblica presso il Tribunale di Palermo ed al Presidente del Consiglio dell’Ordine Avvocati”. 

 

Perquisizione nello studio di un avvocato: Palermo come Bogotà?
Palermo, i penalisti dichiarano lo stato di agitazione

 


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