L'indagine Almalaurea fotografa la situazione dei laureati dell'ateneo catanese che hanno conseguito il titolo nell'anno accademico 2010-2011. Un bilancio non proprio rassicurante, con una percentuale di occupati che non va oltre il 40 per cento, molti impiegati con contratti anomali o non registrati e con stipendi diversi in base al genere. Per il 27 per cento di questa generazione l'agognato pezzo di carta conta poco o nulla
Disoccupati, discriminati, in nero I dottori Unict tre anni dopo la laurea
Tre anni dopo la laurea, come vivono i dottori che hanno raggiunto il sospirato traguardo nell’anno accademico 2010-2011? A guardare i dati diffusi da Almalaurea, gli ex alunni dell’ateneo di Catania non sembrano passarsela bene. A lavorare è solo il 40 per cento dei 6.364 laureati etnei. Oggi mediamente trentenni – l’età di arrivo al tocco e alla toga è di oltre 27 anni – con una pergamena che riporta un voto che si aggira attorno al 105. Se poco meno della metà dichiara di non avere un’occupazione, oltre il 36 per cento è impegnato nella ricerca, mentre il 23.5 per cento del campione nemmeno ne cerca una.
Secondo l’indagine condotta dal consorzio interuniversitario, per raggiungere l’ambito stipendio si impiegano oltre quattro mesi dal momento della laurea. Il 34 per cento dichiara di avere un posto a tempo indeterminato, mentre quasi il 20 per cento ha firmato contratti non standard, come quelli a tempo determinato, di tipo interinale o lavori socialmente utili. Molto diffusa la soluzione part-time, soprattutto per laureati in Lettere e Lingue. Lavora in nero quasi il 13 per cento dei dottori intervistati. Quasi la metà di questo campione, ha un titolo in Architettura. Seguono i dottori in Lettere, Scienze della formazione e Scienze matematiche.
Il settore di occupazione per la maggior parte dei fortunati lavoratori, come prevedibile, è il privato (70 per cento). Sono impiegati nel pubblico i dottori in Scienze politiche che battono anche i camici bianchi (60 per cento contro il 31 per cento dei medici). Le note dolenti si moltiplicano con la busta paga, dove a stipendi non proprio favolosi si aggiungono le annose discriminazioni di genere. Gli uomini infatti dichiarano un mensile netto di poco più di mille euro, ma le donne non vanno oltre gli ottocento euro. La soddisfazione per l’impiego, in una scala da uno a dieci, è poco sotto il voto sette.
Dal punto di vista strettamente pratico, meno di un dottore su tre ha notato un miglioramento nel proprio impiego dovuto alla laurea tra quelli che proseguono il lavoro iniziato prima del conseguimento del titolo. Non va meglio dal punto di vista dell’utilizzo reale delle competenze acquisite con la laurea. Per il 36 per cento degli ex studenti gli studi fatti contano in misura elevata, mentre per il 40 la misura è ridotta. Alla domanda, un 23 per cento risponde un secco «per niente». Meno della metà dei dottori catanesi classe 2011 giudica molto efficace la laurea nell’impiego che svolgono. Per il 27 per cento di loro l’agognato pezzo di carta conta poco o nulla.