«Diritti sociali, o non ci sarà mai un’Europa»

«Se non ci sarà una politica economica e sociale comune l’Europa non avrà un futuro». È stata  questa la conclusione della conferenza tenuta il 5 aprile scorso, alla facoltà di Giurisprudenza di Catania, dal professor Fausto Pocar, docente di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Milano. L’incontro si è svolto in un’aula magna colma di studenti, a 30 anni esatti dalla dichiarazione congiunta sul rispetto dei diritti fondamentali sottoscritta da Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione Cee.

Durante l’incontro, intitolato La tutela dei diritti sociali tra universalismo e regionalismo, l’attenzione è stata rivolta soprattutto alla scarsa uniformità dei diritti sociali a livello comunitario. E’ proprio del 5 Aprile 1977 la legge che sottolinea l’importanza del rispetto dei diritti fondamentali, quali risultano dalle Costituzioni degli Stati membri e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ma in tale regolamentazione l’aspetto sociale era molto limitato e si puntava a garantire soltanto la libertà di circolazione.

«Un vero riconoscimento dei diritti sociali – ha spiegato Pocar – si ha soltanto con la Carta di Nizza, promulgata ufficialmente il 7 Dicembre 2000: un importante passo nella costruzione dell’Europa. Per la prima volta, infatti, è stato inserito nel quadro comunitario un richiamo esplicito alla Carta sociale europea come parte dei diritti affermati dalla Costituzione. La Carta non è giuridicamente vincolante, ma assume comunque quell’autorevolezza che la rende un documento indice dello spirito del tempo, ossia un segno della mentalità o della sensibilità morale diffusa nella nostra epoca. Ciononostante va precisato che la Carta non apporta grandi novità perché, a ben vedere, essa non fa altro che compiere una sorta di ricognizione dei diritti fondamentali comuni ai vari paesi europei. In questo modo fornisce una piattaforma solida per ulteriori costruzioni future. Ma siamo ancora ben lontani da una legislazione dettagliata in materia sociale».

Alle parole del professore si sono aggiunti i punti di vista energicamente sostenuti dai ragazzi in aula. Opinioni a volte diverse, come quelle di chi preferirebbe un’abolizione completa del capitolo sociale in ambito europeo, vedendolo come elemento peggiorativo delle attuali condizioni, considerate le enormi diversità che dividono gli Stati membri.

Il professor Pocar è stato membro della delegazione italiana all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York e, a più riprese, alla Commissione per i Diritti Umani a Ginevra. Nel 1999 fu nominato giudice per il Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex-Jugoslavia (International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia – ICTY), ed è Presidente di questo tribunale dal novembre 2005. È anche membro della Camera di Appello del Tribunale Internazionale per i Crimini nel Rwanda (International Criminal Tribunal for Rwanda – ICTR) dal 2000. Il suo appello affinché i diritti sociali all’interno della Comunità siano riconosciuti al più presto è, dunque, quanto mai autorevole. E se così non fosse? «Non so – si chiede Pocar – dove possa andare a finire l’Europa».


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