16,5 milioni di metri cubi. È questa la quantità d’acqua presente al momento nell’Ancipa, la diga dell’Ennese dalla quale per il loro approvvigionamento idrico dipendono cinque Comuni: Troina, Gagliano Castelferrato, Cerami, Nicosia e Sperlinga. Una situazione in miglioramento, dopo settimane di grave crisi, alcune proteste, l’occupazione dell’impianto di potabilizzazione della diga e un ritrovato equilibrio. Una situazione preoccupante […]
Foto della pagina Facebook Movimento per la Difesa dei Territori
Diga Ancipa, una proposta per prevenire nuove crisi: «Canale sotterraneo con un fiume per 10 milioni di metri cubi d’acqua in più»
16,5 milioni di metri cubi. È questa la quantità d’acqua presente al momento nell’Ancipa, la diga dell’Ennese dalla quale per il loro approvvigionamento idrico dipendono cinque Comuni: Troina, Gagliano Castelferrato, Cerami, Nicosia e Sperlinga. Una situazione in miglioramento, dopo settimane di grave crisi, alcune proteste, l’occupazione dell’impianto di potabilizzazione della diga e un ritrovato equilibrio. Una situazione preoccupante ad agosto – adesso gradualmente il razionamento viene ridotto – ma non ancora risolta del tutto, come sottolineano a Troina. E da quell’area, intanto, si solleva un’altra questione: quella della mancata comunicazione «su eventuali interventi tecnici in corso o eseguiti», come spiegavano a MeridioNews Alfio Giachino, sindaco di Troina, e Fabio Venezia – deputato regionale, ex sindaco di Troina e ora assessore nella giunta Giachino. Concetto confermato anche da Fabio Bruno, presidente dell’associazione Movimento per la difesa dei territori – che ha sede a Nicosia – attiva sulle questioni relative alla crisi dell’Ancipa.
Sarebbero una ventina le lettere-istanze inviate da Bruno in questi mesi a diversi destinatari – presidente della Regione, capo della Protezione civile regionale, presidente del Consiglio dei ministri, presidente della Repubblica e gli enti che gestiscono la distribuzione dell’acqua. Solo due le risposte dall’Autorità di bacino. «Se le associazioni del territorio fossero invitate a delle riunioni e nel monitoraggio dei numeri, le cose funzionerebbero meglio», sostiene il presidente dell’associazione. In questi mesi, partendo dai dati disponibili su un portale della Protezione civile regionale, il Movimento ha potuto effettuare alcuni calcoli sullo stato dell’Ancipa e realizzare un modello di svuotamento. «Nel periodo di agosto e settembre, il livello ha iniziato a fare delle oscillazioni anomale, su e giù di 50mila metri cubi di acqua ogni 12 ore, e la cosa non era possibile». L’idrometro, insomma, cioè lo strumento necessario per misurare, non funzionava più. «Si trovava in un punto in cui non pescava più bene e l’abbiamo segnalato – racconta Bruno – Tant’è che, come si vede dal grafico, dal 4 ottobre al 18 dicembre i dati mancano».

Una svista non da poco, in un momento di grande crisi. «Si era al minimo storico – continua Bruno – E, oltre al pericolo di far restare le persone senz’acqua, il rischio è stato anche di danneggiare, otturandolo, lo scarico di fondo della diga. Per ripararlo ci sarebbero voluti molto tempo e ancora più soldi». Ai calcoli sui grafici, per capire quando sarebbe avvenuto lo svuotamento il Movimento ha associato le immagini dei satelliti Sentinel, che ogni cinque giorni passano dall’Italia, mostrando uno specchio d’acqua sempre più stretto. Ma quello che l’associazione non è riuscita a spiegarsi è «perché l’Autorità di bacino pubblichi i dati in ritardo di circa tre settimane: sarebbe bello che fossero trasparenti», dice Bruno. Tanto nelle brutte notizie, come in quelle positive. Perché, nella confusione generale, anche il recente incremento del livello dell’acqua dell’Ancipa sembrava avere qualche anomalia per il Movimento. «Ma alcuni operai ed esperti che sono stati dove ci sono i bypass ci hanno assicurato che non è così – spiega Bruno – È vero che la sola pioggia non giustifica quell’aumento del livello ma, se consideriamo anche le nevi e i fiumi che si gonfiano in modo diverso, si può arrivare a quell’innalzamento».
I bypass che portano l’acqua all’Ancipa si trovano sui fiumi Sant’Elia e Cutò. Secondo Bruno, «forse c’è stato un miglioramento delle manutenzioni, quindi è per questo che arriverebbe più acqua». Ipotesi in attesa del sopralluogo annunciato dall’associazione. Che, intanto, negli scorsi giorni ha anche avanzato una proposta: quella di collegare il torrente Martello al Cutò, così da poter alimentare di più la diga. «C’è un progetto di 45 anni fa che prevedeva un collegamento di 18 chilometri tramite un canale di gronda, quindi con dei piloni – dice Bruno – Quello che proponiamo è invece un canale sotterraneo di non più di sette chilometri. Non sappiamo i costi, ma con i metodi moderni, quindi con le talpe, i tempi sarebbero più brevi rispetto a quando, mi raccontano alcuni operai, nel 1949 per collegare il Cutò all’Ancipa si scavò a mano per 14 chilometri e ci vollero cinque anni. Dal punto di vista ingegneristico funziona». La stima della quantità d’acqua aggiuntiva che arriverebbe all’Ancipa non è ancora stata fatta, ma «il progetto del canale di gronda prevedeva dieci milioni di metri cubi», obiettivo che secondo Bruno potrebbe essere raggiunto anche con il canale sotterraneo.

Bruno parla anche del pericolo desertificazione – annunciato da esperti e scienziati – e della questione annosa delle condutture colabrodo, che fanno perdere grandissime quantità di acqua. Senza che la cabina di regia regionale per l’emergenza idrica – guidata dal capo della Protezione civile siciliana, Salvo Cocina – «abbia imposto ai gestori delle risorse idriche alcun obbligo di manutenzione». «Sarebbe inaccettabile se il problema si ripetesse: ora la quantità d’acqua è discreta e chi la gestisce ha addosso gli occhi di tutti. L’Ancipa – conclude Bruno – è un bacino idropotabile, quindi sono i Comuni a dover essere alimentati: se si continua a dare l’acqua per irrigare i campi o per uso idroelettrico, è facile aspettarsi problemi. Dipende tutto, insomma, da come verrà utilizzata questa risorsa».