Pochi giorni fa la serit sicilia, agente della riscossione per la provincia di agrigento, ha recapitato al testimone di giustizia ignazio cutrò una "comunicazione preventiva di ipoteca" per un importo di 85 mila euro. Si tratta di cartelle che dovevano essere bloccate dalla sospensione prefettizia. Così non è stato. Errori, ritardi e incomprensioni fra i vari enti statali hanno impedito che questo accadesse. Lo stato non ha sospeso i debiti dell'imprenditore-coraggio e non gli ha rilasciato i documenti necessari per il riavvio dell'azienda. Una scena da teatro dell'assurdo. Ignazio cutrò non può lavorare e deve pagare entro 30 giorni una cifra impossibile. Pena: l'iscrizione di ipoteca sui beni immobili. Tutto questo avviene in una provincia caratterizzata dall'ostinato atteggiamento di silenzio della stampa e dall'indifferenza degli operatori politici. Una quiete preoccupante che riporta alle radici pirandelliane: alle prese con una realtà irrazionale che prevede la sconfitta, la delusione delle speranze e la solitudine come conseguenza delle ipocrisie, dei pregiudizi e delle vuote convenzioni sociali.
Denunci la mafia? Lo Stato non ti aiuta…
Pochi giorni fa la Serit Sicilia, agente della riscossione per la provincia di Agrigento, ha recapitato al testimone di giustizia Ignazio Cutrò una “comunicazione preventiva di ipoteca” per un importo di 85 mila euro. Si tratta di cartelle che dovevano essere bloccate dalla sospensione prefettizia. Così non è stato. Errori, ritardi e incomprensioni fra i vari enti statali hanno impedito che questo accadesse. Lo Stato non ha sospeso i debiti dell’imprenditore-coraggio e non gli ha rilasciato i documenti necessari per il riavvio dell’azienda. Una scena da teatro dell’assurdo. Ignazio Cutrò non può lavorare e deve pagare entro 30 giorni una cifra impossibile. Pena: l’iscrizione di ipoteca sui beni immobili. Tutto questo avviene in una provincia caratterizzata dall’ostinato atteggiamento di silenzio della stampa e dall’indifferenza degli operatori politici. Una quiete preoccupante che riporta alle radici pirandelliane: alle prese con una realtà irrazionale che prevede la sconfitta, la delusione delle speranze e la solitudine come conseguenza delle ipocrisie, dei pregiudizi e delle vuote convenzioni sociali.
Cutrò, 43 anni e due figli, è un imprenditore edile di Bivona, un piccolo paese di montagna dellAgrigentino. Dal 1999 Cutrò è stato preso di mira dalla famiglia mafiosa dei Panepinto. Le sua aziende hanno subito incendi, danneggiamenti, mente a lui sono state recapitate minacce di morte. Il tutto pur di costringerlo a pagare ai mafiosi la cosiddetta messa a posto dei cantieri. Cutrò non si è mai arreso e ha denunciato alla giustizia i mafiosi. Grazie alla sue denunce è scattata loperazione antimafia Face off che portato alla sbarra i capi clan della bassa Quisquina.
Le indagini degli inquirenti e il processo non hanno fermato i mafiosi che hanno continuato a creare problemi a Cutrò. Tanto che dal 2006 limprenditore agrigentino è costretto a vivere sotto protezione 24 ore su 24 insieme con la sua famiglia.
Che senso ha denunciare la mafia, mettersi dalla parte delle Istituzioni se poi lo Stato, i media, le istituzioni ecclesiastiche, la società civile ti voltano le spalle e ti abbandonano al tuo destino?
La vicenda di Ignazio Cutrò rischia di spostare le lancette della storia indietro di 20 anni. Ne sono convinte le associazioni agrigentine che operano in favore della legalità le quali hanno accolto la notizia con molta delusione e si dicono pronte ad intraprendere forti azioni di protesta a tutela della dignità morale, della serenità e dell’integrità economica della famiglia Cutrò.