Nel delirio elettorale ne abbiamo sentite di tutti i colori. Di certo non hanno offerto uno spettacolo gradevole quelli che dovevano essere le giovani promesse della politica palermitana. Si è subito capito che di giovane c’era solo la faccia. A tirare le fila i soliti vecchi e discutibili noti. Gattopardismo travestito da giovanilismo. L’elettorato non si è fatto ingannare. Né nel caso di Massimo Costa che, al di là delle sue indubbie qualità personali, era appoggiato dalla stessa coalizione della passata amministrazione e non ha saputo trasmettere ai palermitani quel senso di affidibilità e discontinuità che invece ha trasmesso Leoluca Orlando. Né nel caso di Fabrizio Ferrandelli, appoggiato dal Pd filo governativo, e sostenuto anche dal Mpa di Raffaele Lombardo, il presidente della Regione inquisito per concorso esterno alla mafia e voto di scambio aggravato.
I due giovanotti, che magari tra un decennio avranno la forza di camminare con le proprie gambe, alla sola vista del potere si sono ubriacati. E mentre i soliti noti sceglievano gli assessori da piazzare nelle loro ipotetiche giunte (come nel caso di Ferrandelli), si sono lasciati prendere dai deliri della politica più screditata. Il primo al suo esordio. Quando, e rimarrà negli annali della politica palermitana, osò addirittura paragonarsi a Socrate. Il secondo durante tutta la campagna elettorale, con la sue recite sulla novità della sua candidatura, omettendo di dire che, pur di saziare la sua ambizione, si è alleato non solo con il Pd che sostiene il governo regionale del governatore inquisito che ha mandato in malora la Sicilia, ma che lo stesso Mpa lo avrebbe appoggiato, come ha ammesso, ad esempio, Riccardo Savona. Ma in città lo sapevano tutti.
Un’alleanza che lo ha punito e che gli ha fatto perdere molti consensi. Logica vorrebbe che si liberasse dalle grinfie di Cracolici e Lumia, come gli consiglia ad esempio Enzo Bianco, senatore di quella parte del Pd che non ha mai digerito l’inciucio del suo partito con Lombardo. Così come Giovanni Ferro, componente dellAssemblea regionale del Pd che dice: “Lo straordinario successo di Orlando e la sconfitta della linea politica interpretata nel Partito democratico da Lumia, Cracolici e Di Girolamo dovrebbe indurre gli stessi a fare una riflessione e trarre le dovute conclusioni politiche dopo questo risultato.
Tornare libero, metterci un punto. E magari riprovare a fare il sindaco tra un po’ di anni. Quando sarà più forte e più indipendente. E invece no. Se quello di Massimo Costa è stato un delirio pre-elettorale, quello di Ferrandelli è anche post. Mpa e Pd intendono giocare la partita del ballottagio affidandosi allo sciacalaggio:
“Orlando infanga me come lo ha fatto con Falcone”, dice il giovanotto. Come si può arrivare a tanto? Come si può accostare il proprio nome a quello di Falcone per fini elettorali? Si cade davvero in basso quando non si sa accettare la sconfitta. Si riferiscono, artatamente, alle critiche di Orlando a Giovanni Falcone. Critiche aperte, sotto la luce del sole, mentre i suoi veri nemici operavano nel buio e magari ce ne erano anche nel Pd, che allora si chiamava Pci-Pds. Va ricordato ad esempio che, Luciano Violante, potente uomo dell’antimafia e del Pci, poi nel Pds, poi nei Ds e oggi nel Pd, arrivato a Palermo per sostenere Ferrandelli, non era certo un amico di Falcone. Si oppose alla ipotesi di Falcone alla Supeprocura, ad esempio.
Ma ancora non hanno capito che i palermitani non sono stupidi. E che non è vietato criticare un magistrato. E certo non si può sapere se la persona che si sta criticando verrà uccisa. Davvero un quadro desolante. Che conferma però una cosa: non c’è nulla con cui potere attaccare Orlando, se non fantasiose infamie su un fatto vecchio e molto strumentalizzato da chi pensa che a Palermo non si conoscano i fatti.
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