A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta andava per la maggiore un programma televisivo dal nome C’eravamo tanto amati, in cui coppie in crisi – o sedicenti tali – se ne dicevano di tutti i colori di fronte alle telecamere di Rete 4. Accuse, rimpalli di responsabilità, parole travisate e rese più o meno «pesanti come macigni», per citare uno dei protagonisti della querelle che sta animando pagine di giornali e social negli ultimi giorni in Sicilia e che da C’eravamo tanto amati sembra prendere le mosse: il tormentato divorzio tra Ismaele La Vardera e Cateno De Luca. Un divorzio che secondo le malelingue di palazzo era nell’aria già da mesi, con l’ex iena che sarebbe stato proiettato in direzione Movimento 5 stelle; una tesi, questa, mai suffragata da fatti e corredata da scetticismo su più fronti. Una tesi che oggi torna di moda, nonostante l’adesione di La Vardera al Gruppo misto, rilanciata stavolta dai suoi ex compagni di partito di Sud chiama Nord.
A generare la rottura le parole di Cateno De Luca, che ha dichiarato di preferire una vita da «numero due di una coalizione di un centrodestra rinnovato» piuttosto che «fare il capo dell’opposizione». Parole sostenute con un certo trasporto da Francesco Gallo, unico deputato nazionale targato ScN, che insieme alla presidente del partito, Laura Castelli, aveva ricevuto dal deus ex machina di quella forza politica – nonché sindaco di Taormina – il mandato esplorativo per andare a caccia di nuove alleanze. Da qui la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, con La Vardera che via social chiede al suo ormai ex capo-partito, al quale riconosce eterna gratitudine, «che fine ha fatto la banda bassotti?», appellativo disneyano con cui De Luca è solito apostrofare il centrodestra di governo. Finisce tutto in maniera molto poco romantica, con lo stesso De Luca che al suo ex pupillo risponde con un lapidario «hai scambiato cazzi per lampioni». Al di là della vicenda in sé, dalle elezioni regionali del 2022 quello di Sud chiama Nord – tra una battaglia d’opposizione e l’altra – è stato uno stillicidio: quello che all’indomani del voto era uno dei gruppi più folti dell’intera assemblea adesso è ridotto ad appena tre unità.
Una diaspora che sembra non preoccupare più di tanto uno degli ultimi superstiti tra i deluchiani, Pippo Lombardo, messinese, fedelissimo del sindaco di Taormina dai tempi in cui uno era primo cittadino di Messina e l’altro dirigeva la partecipata comunale che gestisce la raccolta dei rifiuti nel capoluogo peloritano. «C’è stato un fraintendimento – dice Lombardo a MeridioNews – Non è un’apertura al centrodestra. Non ha parlato dell’attuale centrodestra, che oggi è rappresentato da Totò Cuffaro, da Raffaele Lombardo e da Renato Schifani, che li rappresenta. Non è come dire “dateci un posto in giunta e passiamo in maggioranza”. Così come non ci sta bene dall’altra parte farci cuocere a fuoco lento da questo campo allargato, che già ha i suoi candidati pronti».
Secondo Lombardo, l’uscita di Cateno De Luca sarebbe anche un modo per smarcarsi dall’alleanza anti-Schifani che si è creata negli ultimi mesi all’Ars, visto che – secondo il parlamentare di Sud chiama Nord – i giochi sulle candidature alle prossime elezioni regionali sarebbero già stati fatti e in seno all’attuale opposizione si prospetterebbe un nuovo tutti contro tutti. In cui persino Ismaele La Vardera avrebbe fatto la sua scelta di campo. «I cinquestelle hanno già Antoci candidato e quindi non si alleeranno mai con nessuno – prosegue il deputato – Per quanto riguarda il Pd ci ha pensato Barbagallo e ha pronta l’alleanza con l’Mpa. Lo scenario non sarà più lo stesso tra due anni. Noi l’abbiamo detto sei mesi fa: “Sediamoci, facciamo un programma e decidiamo il modo e il candidato presidente. Non sei mesi prima, ma due anni prima. Siccome c’era chi lavorava dall’interno per fare sponda a questo gioco, meglio che si chiariscano subito queste cose: il candidato di La Vardera è Antoci. E tu stai dentro a un partito e lavori per un candidato di un altro partito? E i Cinquestelle non è che lo hanno candidato a caso alle Europee ad Antoci».
Infine un pensiero a quel che rimane di Sud chiama Nord. «Noi non facciamo opposizione militante, facciamo opposizione sulle cose che oggettivamente sono l’emblema della gestione, fra virgolette, politico-mafiosa di questo governo, perché l’operazione dei termovalorizzatori, di cui non parla nessuno, è peggio di quella che ha fatto Cuffaro nel 2003; solo che Cuffaro l’ha fatta con i privati, noi invece ci stiamo mettendo 800 milioni di soldi pubblici e non si è sentita nessuna voce da parte dell’opposizione. Il progetto è invece un’idea di come cambiare questa terra. In Assemblea se ce li hai i numeri o non ce li hai, poco conta. O sei in tre o sei in undici cambia veramente poco. I numeri servono alla maggioranza per pretendere un assessore in più o uno in meno. All’opposizione o sei da solo o sei in dieci, poco cambia. Anzi se sei da solo, puoi fare anche meglio, se conosci davvero gli argomenti».
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