Francesco De Gregori non poteva che “vestirsi da amico” in occasione dell’incontro di giovedì 21 aprile all’Hotel Excelsior di Catania. Incontro al quale hanno partecipato giornalisti, fan del Rimmel Club, e alcuni studenti del corso di Storia e tecnica del giornalismo tenuto della professoressa Maria Lombardo, docente della Facoltà di Lingue.
Cappello, camicia lilla e scarpe da ginnastica. Così si presenta a sorpresa l’artista, mostrando disponibilità e sorrisi. Stringe a sé la chitarra quasi come fosse una strategia per vincere l’iniziale emozione, strimpellando qualche nota tra una domanda e l’altra.
Che effetto le fa sapere che un quindicenne conosca i suoi testi?
«Non ci trovo niente di male – spiega De Gregori – niente di strano, il mio primo maestro di musica, colui che mi ha fatto conoscere cantautori che non appartenevano alla mia generazione è stato mio fratello maggiore».
Qual è il veicolo attraverso il quale, lei preferisce che i giovani ascoltino la sua musica?
«Preferisco il concerto, momento di contatto vivo con il pubblico, ma è anche vero che non ci sarebbe concerto senza disco e non si venderebbe disco senza radio. Il mezzo radiofonico è meno invasivo della tv che tra uno spot pubblicitario e una canzone di Gigi D’Alessio potrebbe passare un mio nuovissimo brano. Vorrei essere una mosca sul muro per vedere l’espressione stupita di chi sta ascoltando».
Gino Paoli, ha scritto che, fino a qualche anno fa, per i giovani cantautori era più facile farsi conoscere. Crede che questo sia dovuto alle case discografiche o a mancanza di creatività?
«Oggi è più facile, soprattutto per i giovani, incidere dischi, ma è anche vero che se il primo album non avrà successo non ce ne sarà un secondo. In passato, invece il primo disco era la base per crescere».
Nel suo ultimo album “Pezzi” c’è il riferimento a un mondo che, per certi versi, sta andando a rotoli. Pensa che tutto ciò possa influenzare il modo di emozionarsi dei giovani?
«Fortunatamente il mondo non è così male come lo descrivo io nelle mie canzoni, questo è solo il mio modo di vederlo. Penso che i giovani possano ancora trovare qualcosa di positivo e continuare ad emozionarsi. Ne hanno tutto il diritto».
Lei ha spesso definito la Costituzione Italiana come un testo poetico. Cosa possiamo fare noi giovani per difenderla?
«Per difenderla i giovani devono semplicemente conoscerla – continua scherzando – dovrebbero girare per un paio di mesi con il libretto della Costituzione in tasca. E’ poetica già dal primo articolo: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, se ci fosse scritto fondata sul denaro non sarebbe più poesia».
Cosa prova nei confronti di noi giovani?
«Non vi invidio, provo amore e rispetto per voi giovani, non vi considero una categoria omologata».
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