È uno dei brani tratto da Il tempo e la voce, il lavoro discografico di Giuseppe Di Bella ed Enrico Coppola. Alla realizzazione del video hanno lavorato Antonella Barbera e Fabio Leone, registi che sono riusciti a dare un taglio cinematografico ai protagonisti del tradizionale teatro con le marionette. Guarda le foto
D’amurusu paisi, musica da poesia siciliana del ‘200 Autori: «Nel videoclip usiamo i pupi come veri attori»
D’amurusu paisi è l’avventura onirica di un pupo siciliano in un immaginario paese amoroso. All’ombra del Fato-puparo, che tesse le trame e muove le fila della vicenda d’amore, il protagonista, vero eroe moderno, resiste ai colpi della sorte e si interroga sul suo destino e su quello della donna amata. Il videoclip, tratto da una poesia di Tommaso Di Sasso, poeta della scuola siciliana del ‘200, fa parte di un complesso progetto di ricerca portato avanti da due giovani musicisti Giuseppe Di Bella ed Enrico Coppola.
I due artisti hanno selezionato dodici testi della scuola poetica siciliana, ritraducendoli dal fiorentino a un ipotetico siciliano antico tramite un database, e li hanno musicati in chiave contemporanea. Questa collaborazione, ha dato vita a un lavoro discografico dal titolo Il tempo e la voce. «L’idea – racconta Giuseppe Di Bella – è nata dalla volontà di rendere nuovamente dinamici e attuali versi della nostra tradizione metricamente adatti a essere messi in musica».
Nel tentativo di far conoscere Il tempo e la voce a un pubblico più ampio, Enrico Coppola propone all’amico Di Bella di progettare un video musicale. «Tra tutti i brani musicali – rivela Coppola – che compongono la nostra raccolta discografica, abbiamo optato per D’amurusu paisi». La scelta di questo testo, rispetto agli altri, deriva per gli autori dalla consapevolezza di raccontare un tema universale come quello dell’amore presente nella lirica duecentesca. «L’incontro, il corteggiamento, la follia dell’innamoramento, la separazione sono alcuni degli argomenti trattati», dice.
Riflettendo sulle immagini tipiche della sicilianità da utilizzare per la creazione del filmato, i due musicisti non hanno avuto alcun dubbio. «Abbiamo pensato – confessa Di Bella – al teatro della famiglia Cuticchio, immaginando che la storia e i soggetti fossero rappresentati attraverso pupi animati ripresi sul palcoscenico». «Ho creduto – interviene Mimmo Cuticchio – fin da subito in questa iniziativa. Per la riuscita delle riprese – aggiunge – ho suggerito agli artisti che era meglio non girare dentro il teatrino ma ricostruire la scena all’interno del mio laboratorio perché, lì, i pupi potevano muoversi in ogni direzione come dei veri attori in carne e ossa».
Una scommessa e una novità quella di Antonella Barbera e Fabio Leone (produzione Le Lune), i due registi che hanno collaborato con Coppola e Di Bella, di coniugare il linguaggio del teatro con quello del cinema. «Ci interessava – chiarisce Leone – il proposito di riprendere i pupi con un taglio cinematografico. Di solito, negli spettacoli teatrali si ha una visione frontale e distante. La macchina da presa, invece, permette al pubblico di osservare da vicino gesti e dettagli che a teatro si perdono». In questo modo, il cineasta pilota la visione della platea verso particolari dai risvolti inaspettati. «Si tratta – spiega Barbera – del primo video musicale con pupi in cui le ombre, le luci soffuse, che abbiamo costruito in miniatura per la scena, i movimenti aggraziati dei pupari, contribuiscono a far percepire i protagonisti come esseri umani. Lo spettatore – anticipa – sarà proiettato dentro la loro anima».
«Pupi umanizzati – precisa Leone – che si muovono in maniera cinematografica e non teatrale in uno spazio rimodulato». Una sfida che ha trasformato il teatro dei pupi in un set cinematografico, con la rottura della quarta parete, l’attenzione ai dettagli, alla profondità, ai primissimi piani e allo sfocato. «Far interagire i pupi con la camera da presa – ammette Cuticchio – è stata un’operazione naturale perché sono cresciuto tra cinema e teatro. Da bambino – conclude -, negli anni ’50 e ’60, insieme a mio padre Giacomo e ai miei fratelli e sorelle, portavamo il cinema ambulante e il teatro itinerante in tante piazze siciliane. Queste due poetiche mi appartengono».