Dal Catanese alla Versilia, il viaggio solo andata dell’aspirante carrista, che nel volo degli uccelli trova la suggestione dell’emancipazione di chi lascia la propria terra per migliorare la sua condizione. «Un diritto di tutti, necessario per esprimersi»
Da Acireale a Viareggio per il sogno del carnevale Matteo Raciti e l’opera che «plana sulle persone»
Una professione con la lettera c? Difficilmente verrebbe in mente carrista. Eppure è questo il sogno di Matteo Raciti, 32 anni, di Acireale, ma emigrato a Viareggio, dove è in concorso per il secondo carnevale consecutivo nella categoria maschere isolate, che l’anno scorso lo ha visto trionfatore. Una laurea in architettura a Siracusa e la passione per il carnevale acese, dove sin dall’età di 15 anni ha frequentato i cantieri di via Jacopone Da Todi. Qui ha imparato a costruire i carri, opere complesse per le quali occorre pensare proprio a tutto: dalla progettazione alla lavorazione di materiali come carta, ferro e soprattutto argilla. Dopo la laurea, ancora un anno di vita da bottega ad Acireale, al cui carnevale continua a lavorare senza mai gareggiare direttamente. Infine il volo verso la Versilia. «L’idea del mio carro, Bel Paese volo via, è semplice: una persona con la maglia blu, che si costruisce le ali e parte», racconta l’artista a MeridioNews. «Il mio sogno – dice Raciti – era realizzare un personaggio che planasse sulle persone; infatti le nuvole si innalzano fino a un metro e settanta di altezza, con il personaggio sospeso in aria sulla gente, accompagnato dalle note di Volare di Modugno».
Anche il suo volo personale è lungo, destinato a una realtà più meritocratica e competitiva, dove è possibile «professionalizzarti, crearti lavoro e competenza, facendoti sperare che attraverso la meritocrazia si possa diventare carrista in pochi anni», continua Raciti, illustrando il sistema toscano. «La fondazione Carnevale di Viareggio indice un bando pubblico triennale corredato da regolamento, consentendo di accedere a una tra quattro categorie se in possesso di un progetto valido. Anno per anno viene stilata una classifica, mentre si accumula un punteggio. Alla fine dei tre anni o si avanza o si retrocede, come in un campionato di calcio. Ma in tre anni – continua Raciti – hai la possibilità di farti conoscere e apprendere se hai talento». Poi prosegue. «Anche ad Acireale esiste una fondazione del carnevale, ma si tratta di modi, culture e regole diversi. In quel contesto, che non frequento ormai da cinque anni, non mi sentivo libero di esprimermi come volevo. D’altronde – insiste Raciti – è per questo che si parte: per esprimersi al meglio. È sempre un continuo rapportarsi con il cambiamento, come la mia maschera in sospensione: simbolo di questo tempo in cui tutto varia».
Acireale-Viareggio, un viaggio di sola andata, trasferito in un’opera poetica e malinconica, che inneggia alla fanciullezza ed alla libertà di «migliorare la propria condizione: un diritto di tutti!» ribadisce, parlando del carnevale tanto sognato da bambino. «Il mio non è un invito ad andare via – precisa l’artista – ma fuori ci sono molte più possibilità. Il carnevale è satira ma anche un’occasione imperdibile per invitare tutti a riflettere sul perché le persone vadano via». Idea che abbraccia inevitabilmente chiunque lasci la propria terra, quindi anche i migranti «con cui, però, non faccio distinzione. Il mio carro riguarda in generale ogni stormo che va via».
Curiosità, ambizione, progettualità: è così che l’aspirante carrista guarda oltre lo Stretto, pur pagando il prezzo della lontananza. «Si parte in massa – avverte il 32enne – non si può parlare più di cervelli in fuga. Questa opera, infatti, tocca tutti: chi è già andato via, chi pensa di farlo e chi sente la mancanza di qualcuno che lo ha già fatto. Più il livello culturale aumenta e più si vuole vedere cosa c’è al di fuori». E là fuori forse c’è il sogno. «Il volo è il sogno per antonomasia ed è un concetto fanciullesco», precisa Raciti. «Il mio personaggio mi ricorda quando da piccolo vedevo i gabbiani di legno volare col vento». Come a voler dire che sognatore oggi non è più colui che immagina fortune straordinarie, ma chi riesce a fare il lavoro desiderato da bambino, restando tale «nell’arte e nelle emozioni».