Cutrò, interviene la Regione Il testimone di giustizia interrompe il digiuno

Sciopero della fame e della sete. Per l’intera giornata di ieri è stata questa l’estrema forma di protesta del testimone di giustizia Ignazio Cutrò nel giorno della scadenza della cartella esattoriale da 85mila euro giunta un mese fa. «Se mi ipotecano i beni è finita, ho perso tutto. Che senso avrebbe allora continuare?» questa la motivazione che ha spinto all’azione drastica l’imprenditore edile originario di Bivona (Agrigento). Cutrò è diventato testimone dopo aver denunciato gli estorsori che avevano preso di mira la sua azienda. Ma per una serie di incongruenze burocratiche, a pochi giorni da Natale gli era giunta una cartella esattoriale da capogiro.

Nel tardo pomeriggio di ieri, l’imprenditore è stato ricevuto dal governatore Raffaele Lombardo, ottenendo ampie rassicurazioni per una rapida soluzione della sua paradossale vicenda. Già a dicembre l’imprenditore aveva annunciato l’intenzione di lasciarsi morire di inedia se non avesse ricevuto risposte dal ministro dell’Interno o dal sottosegretario competente. «O lo Stato mi risponde o mi lascerò morire e a quel punto la colpa sarà solo loro», aveva dichiarato. Ma fino a ieri nessuno si era fatto avanti e – cosa più importante e paradossale – nessuno aveva chiarito se fosse necessario o no pagare la consistente somma. Di conseguenza, nessuno aveva stabilito se i diritti dell’imprenditore fossero legittimi. Da qui, dunque, la decisione di iniziare la pericolosa protesta a Palermo, davanti Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della regione Sicilia.

La giornata di ieri è stata lunga ed estenuante. Giunta la scadenza della cartella esattoriale, in qualsiasi momento l’ingiunzione di pagamento avrebbe potuto trasformarsi in ipoteca sui beni. Fino a poco prima di incontrare il governatore Lombardo, per Cutrò la situazione era disperata: «Non stanno capendo che se si arriva all’ipoteca, non potrò più lavorare, tutto quello che ho fatto andrà perso». Fino a quel momento, l’unico gesto concreto – due donazioni da mille euro ciascuna – era arrivato dal Comitato dei professionisti liberi Paolo Giaccone e dalla famiglia di Beppe Alfano, il giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto ucciso dalla mafia nel 1993. Il comune di Bivona si era offerto di farsi carico del pagamento, ma «fino a che non vedo una carta scritta, una rassicurazione precisa, non mollo», aveva spiegato determinato l’imprenditore.

La rassicurazione è venuta dopo l’impegno preciso della Regione. Al termine dell’incontro, Raffaele Lombardo ha confermato la promessa: «Accompagneremo passo dopo passo l’imprenditore per fare in modo che, nel rispetto delle previsioni normative a favore dei testimoni di giustizia, vengano sospese le cartelle esattoriali». Con un sospiro di sollievo, lo sciopero è stato dunque interrotto e Ignazio Cutrò potrà tornare a lavorare.  «Qualsiasi intoppo burocratico – ha affermato il presidente della Regione alla stampa – verrà superato e se non dovesse essere possibile ottenere la sospensione di questi tributi, l’amministrazione regionale potrà intervenire direttamente con fondi dedicati per garantire la continuità operativa dell’impresa di Cutrò».

La cartella esattoriale emessa dalla Serit avrebbe dovuto essere fermata da una sospensione prefettizia, una sorta di risarcimento prevista in casi di questo genere. Ignazio Cutrò, infatti, per garantire la sua collaborazione con lo Stato ha subito ingenti danni materiali. Ma per una serie di incongruenze tra i tempi di verifica dei vari enti coinvolti, la macchina erariale si è rimessa in moto facendo fermare il contatore alla cifra di 85.562,56 euro. L’imprenditore agrigentino è l’unico testimone di giustizia che ha scelto di vivere nel luogo nel quale ha denunciato, ma dopo aver permesso la condanna di cinque membri della cosca locale, a rendergli la vita impossibile sono state per un lungo mese le istituzioni.

Il paradosso burocratico e umano vissuto da Ignazio Cutrò diventa un pessimo biglietto da visita per uno Stato che da una parte incita i propri cittadini al rispetto delle regole – dall’emissione dello scontrino alla denuncia delle estorsioni – ma che dall’altro non trova nemmeno il tempo per salvare una vita dalla burocrazia se non dopo il compiersi di una protesta così estrema.


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