Per qualche giorno gli inquilini del palazzo esploso in via Francesco Crispi hanno temuto che il loro posto all'interno dei bed and breakfast pagati dall'amministrazione fosse saltato. Adesso il titolare dei Servizi sociali, Fortunato Parisi, garantisce che per il momento «nessuno deve uscire». L'ipotesi, però, è l'erogazione del bonus casa
Crollo via Crispi, paura sfratto per gli ex residenti Assessore: «Rinnoviamo i b&b, ma non è soluzione»
«Nessuno dovrà lasciare i bed and breakfast in cui è ospitato. Nessuno. Le convenzioni le rinnoviamo alla scadenza e non ci sono ex residenti di via Crispi che rimarranno in mezzo alla strada. Ma non è la soluzione definitiva, questo va chiarito». Fortunato Parisi, neo-assessore ai Servizi sociali, tra le eredità scottanti del suo predecessore deve raccogliere anche quella che riguarda gli inquilini del palazzo di via Francesco Crispi esploso, pare per via di una perdita di gas, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2017. Dal momento in cui hanno perso tutto, chi viveva in case che oggi non ci sono più è stato trasferito in b&b. Una sistemazione provvisoria e che lascia insoddisfatti tutti: l’amministrazione che tratta con i privati di settimana in settimana e i cittadini, per cui le stanze nelle strutture ricettive devono sostituire le case. «Io sono il vicino di casa di Arturo Russello, l’uomo che viveva nell’appartamento dal quale pare sia partita la deflagrazione – spiega Cono Fazio, 57 anni, che abitava insieme alla madre Francesca Pintaudi, 76 anni -. Sin dai primi giorni siamo ospiti di un b&b in via Sant’Orsola. Ci hanno sempre prolungato la permanenza, finché qualche giorno fa ci hanno comunicato che domenica (oggi, ndr) sarebbe stato l’ultimo giorno». In realtà, l’allarme è rientrato e la prenotazione della camera nella struttura, garantisce l’assessore, è stata rinnovata. Ma il problema resta.
«Ci hanno detto che dobbiamo provvedere ad affittarci una casa, perché la situazione non può rimanere quella a vita – continua Fazio, ex fotografo – Ma io sono un disoccupato e mia madre è una pensionata che percepisce poco più di ottocento euro al mese. Trovare due camere da letto con una cucina ha un costo non inferiore ai cinquecento euro». Senza contare tutto quello che manca: «Non abbiamo i mobili, le lenzuola, le coperte, gli elettrodomestici. Oltre al fatto che, insieme all’affitto e all’acquisto dello stretto indispensabile per vivere, dovremmo pagare anche le utenze. Non ci arriviamo in ogni caso». Prima, con la casa di via Crispi e nessun canone mensile da pagare, la situazione era più semplice. Adesso, però, per Cono Fazio e sua madre – come per molti altri ex residenti, sei famiglie in tutto – si aprono scenari difficili da prevedere. «Mi hanno detto di fare domanda per essere messo in lista per la casa popolare o per il contributo abitativo».
Cioè 250 euro al mese che il Comune dovrebbe pagare direttamente al proprietario dell’immobile in affitto. Ma che spesso molti proprietari non accettano, perché temono i ritardi nell’erogazione della mensilità da parte di Palazzo degli elefanti. Una opzione della quale l’ex assessore Angelo Villari aveva parlato era che gli uffici si occupassero di predisporre un elenco di locatari disponibili ad accettare il pagamento dell’affitto – o di parte dello stesso – tramite il bonus casa. «È una opzione che l’ufficio ha messo in campo – conferma Fortunato Parisi -. Nella nostra città ci sono molte abitazioni sfitte e molti appartamenti che non vengono utilizzati. Stiamo vedendo se si riesce a trovare un monoblocco…». La ricerca «di una collocazione dignitosa in un’abitazione dignitosa», sostiene l’assessore, è già partita. E nei prossimi giorni è stato convocato un tavolo operativo, voluto direttamente dal sindaco Enzo Bianco, per «affrontare in maniera definitiva il problema dei residenti di via Crispi. Intanto dai b&b non esce nessuno».
«Noi stiamo qua dentro da mesi e non è una situazione che, a rigore, dovrebbe durare più di un paio di giorni – continua Cono Fazio -. È una stanza, con una televisione e un angolo cottura. Una persona di 76 anni, tutto il giorno chiusa in una stanza, che cosa dovrebbe fare? Io ho procurato a mia madre qualcosa da fare, ma non stiamo bene. Non ci hanno dato un’assistenza psicologica, non è stato facile». Come non è facile pensarci adesso. «Quella notte ho sentito un boato enorme e ho visto molto fumo. Sono corso da mia madre perché avevo paura per lei. Ci hanno fatto uscire i pompieri», ricorda l’ex residente. Qualcosa sono riusciti a salvarla: le macchine fotografiche, un computer e qualche documento. Il resto è rimasto sotto le macerie. «Comprese carte importanti, che hanno a che fare anche con l’attività che ho chiuso, lo studio di fotografia. Adesso l’unico mio introito è una bottega che affitto in via Santa Barbara, per tremila euro all’anno. A conti fatti, dopo avere pagato le tasse, dovrei vivere con due euro al giorno».