La scheda riferiva l'infezione, ma senza documenti. Così, dopo un tampone negativo in Pronto soccorso si è scelto di ricoverarla. L'indomani, risultato ribaltato e il trasferimento a Malattie infettive. In mezzo, la versione dell'azienda e quella degli operatori
Covid-19, 97enne positiva in Ortopedia al Cannizzaro Arriva già accertata, ma viene trattata come sospetta
Sono le 22 del 12 aprile. Una donna di 97 anni, affetta da demenza senile, arriva in pronto soccorso al Cannizzaro con un femore rotto. Come da prassi recente, le viene fatto un tampone per accertarsi che non sia Covid-19 positiva. Dopo 23 ore di attesa, arriva il risultato: negativo. Così la nonnina viene ricoverata nel reparto di Ortopedia, in attesa di essere operata. L’indomani, colpo di scena – o forse no -, un nuovo tampone ribalta la situazione: la signora è positiva e viene trasferita in Malattie infettive.
In realtà un test le era già stato fatto il 3 aprile, con risultato positivo arrivato giorno 8. Quattro giorni prima della rottura del femore. E positivi sarebbero anche i suoi conviventi, alcuni ricoverati all’ospedale Garibaldi. Al di fuori di queste informazioni essenziali, si intrecciano due versioni diverse della stessa vicenda. Che ruotano attorno a un nodo principale: che la signora fosse arrivata già positiva si sapeva con certezza oppure no? In mezzo, la paura dei sanitari e le necessità delle aziende ospedaliere divise tra reparti Covid e non Covid all’interno degli stessi ospedali. Tensione che si avverte più del solito all’ospedale Cannizzaro, dove è ancora troppo recente l’allarme legato a Neurologia. Reparto in cui, dopo il ricovero di un paziente e la positività arrivata due giorni dopo, sono risultate contagiate una ventina di persone tra degenti e personale.
La versione dell’azienda
Secondo il Cannizzaro, la positività della signora era già riportata nella scheda del pronto soccorso perché riferita all’arrivo dei soccorritori. Che però non erano in possesso della documentazione dell’Asp, che avrebbe fatto l’esame di inizio aprile. Eseguito quindi in ospedale il tampone di routine e considerato l’esito negativo, la decisione sarebbe stata di ricoverarla in Ortopedia. Ma adottando tutte le precauzioni di un caso potenzialmente dubbio: una stanza da sola e sanitari dotati delle adeguate protezioni. In attesa dell’ulteriore tampone dell’indomani mattina. A quel punto, con un proprio referto di positività in mano, sarebbe stato disposto il trasferimento a Malattie infettive e la stanza della signora sanificata. Un procedimento quasi da manuale. Quasi perché, in teoria, da protocolli, un caso certamente Covid come quello della signora dovrebbe andare direttamente nel reparto apposito. Ma qui, senza documentazione e con un fresco tampone negativo, si è scelto di ricoverarla come una paziente ordinaria, seppure con riserva. Ed è qui che interviene la versione che circola nel reparto, secondo cui non tutti sarebbero stati a conoscenza delle reali condizioni della signora.
La versione dal reparto
«Si trattava di una positività riferita, non è che possiamo prenderla per sicura», dice un operatore. Il personale sarebbe stato insomma rassicurato dall’esito negativo del tampone effettuato in pronto soccorso e la signora sistemata sì in una stanza da sola, ma trattata con i normali dispositivi di protezione, cioè la mascherina chirurgica e non quella con il filtro apposito per assistere malati Covid19. Di tute nemmeno a parlarne, non se ne sono mai viste in quel reparto. Qualche camice idrorepellente sì, ma non sarebbe stato utilizzato. Tutto cambia l’indomani, quando il personale contatta i familiari della 97enne per chiedere l’autorizzazione a procedere all’operazione al femore. A quel punto, secondo questa versione, vengono informati della sua reale storia clinica: a chiamare i soccorsi in seguito all’incidente domestico è stata la nipote da Milano (città in cui la donna lavora e da cui non torna sull’Isola da mesi, al contrario di come precedentemente appreso, ndr), unico contatto di emergenza della nonna dopo che i genitori – figlio e nuora della 97enne – sono stati ricoverati. E sarebbe stata sempre lei a raccontare, al telefono con i sanitari, della positività dell’anziana certificata da un tampone eseguito appena qualche giorno prima dall’Asp. Così in reparto si sarebbe scatenato un mezzo inferno, che ha portato rapidamente al terzo tampone e poi, con l’ulteriore conferma, al trasferimento della signora.