Costa: l’unione dei siciliani? Può attendere

Cosa ha sortito l’appello che ho lanciato il 12 luglio? Un risultato importante ma anche una fotografia dello stato in cui si trova la politica siciliana.

Il risultato importante è dato dall’adesione ufficiale o delle larghe simpatie che lo hanno circondato in moltissime forze politiche, anche della più varia estrazione. I punti di quell’appello, ricordiamolo, erano 12. Ma, sintetizzando al massimo, da quei punti emergevano quattro domande politiche fondamentali che non sarà ormai facile eludere da questa campagna elettorale.

Di fronte all’aggressione premeditata e criminale da parte dei media italiani contro la Sicilia, gran parte della Sicilia risponde non cadendo nella trappola centralista e colonialista che ci stanno tendendo. Ieri su canale 5 una trasmissione vergognosa, l’ennesima, ha vomitato bugie, anzi calunnie gratuite, contro la Sicilia e le istituzioni siciliane senza possibilità alcuna di contraddittorio. Non entro nel merito perché ci vorrebbe un altro editoriale, ma basti dire che la controparte era Sasà Salvaggio, un comico, che non può avere le competenze per rispondere, e un conduttore siciliano soltanto all’anagrafe che vende volentieri la propria Terra in cambio di un posto al sole. Roba da interessare la magistratura e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per aggressione interna contro una comunità politica autonoma.

Da quello che è scaturito dopo quell’appello si lancia il segnale che non solo lo Statuto “non si tocca“, ma anche che è giunta l’ora di attuarlo. I Siciliani cominciano a conoscerlo. La Sicilia ha presentato una piattaforma, alla cui stesura ho contribuito io stesso, con cui si inizia a parlare seriamente di attuazione. Se la risposta del Governo è questo bombardamento militare credo che abbiano fatto male i loro conti.

Ma non solo questo emerge da quell’appello e dal sostegno che è seguito. L’avvertimento è anche contro le politiche europee deflattive e non meno criminali. La “polemica” sulla moneta regionale, che ormai vuoi o non vuoi è entrata anch’essa nel dibattito politico, va inserita in quest’ambito come il rifiuto netto delle politiche di tagli indiscriminati (anche se chiamati in inglese, per fare “meno impressione”) o della tassazione dissennata finanche dell’aria che respiriamo. Sarà difficile sostenere in Sicilia che le politiche di Monti sono un toccasana, Ma lasciamo al PD e all’UDC questo ingrato compito.

Emerge anche una richiesta di stoppare tanto ogni forma di sfruttamento esterno quanto ogni forma di assistenzialismo, corruzione e clientelismo interni. Insomma la traccia per un’agenda politica di liberazione della Sicilia appare segnata, anche se declinata diversamente dalle diverse forze politiche. E questo mi pare il risultato tangibile più importante di quest’ultimo mese di politica siciliana.

Quello che invece non è riuscito del tutto è la traduzione di questo consenso nella costituzione di un soggetto politico unitario, di una vera Unione dei Siciliani. C’è stata un’aggregazione – è vero – ma in tre o quattro “zolle”, più o meno incompatibil fra di loro. Probabilmente oggi ciò è tutto quello che si può chiedere alla politica siciliana. Accontentiamoci dunque. Ci sono tre o quattro “cartelli” che fanno propri i valori di quell’appello, ma che restano inconciliabili fra di loro, essenzialmente per tre motivi.

Il primo è una banale questione di leadership. C’è chi vuole fare il Presidente, e non lascerebbe mai e poi mai a qualcun altro questo onore.

Il secondo è una questione, vera o presunta, di credibilità di classe politica che si presenta all’elettorato: i “grandi” accusano i “piccoli” di irrilevanza elettorale e di sterile chiassosità; i “piccoli” accusano i “grandi” di essere soltanto dei “riciclati”, incapaci di iniettare un sangue realmente nuovo nella politica siciliana corrotta. Qui lo stallo è insanabile. Gli elettori soltanto hanno il diritto di dire chi ha ragione tra i due mondi.

Il terzo è sulle strategie e sulle alleanze. Si va dagli irriducibili duri e puri che “se ne fregano” dello sbarramento, anzi che sono interessati solo alla pura testimonianza, a quelli che pongono veti alle presenze “straniere” (Zamparini e Sgarbi, essenzialmente), a quelli che si alleerebbero con tutti, convinti che il fine (la sopravvivenza politica dell’autonomismo siciliano nei tavoli che contano) giustifichino i mezzi. Anche questo contrasto appare non sormontabile. Almeno oggi.

Quali sono questi nuclei di aggregazione?

Il più grande è visibile è certamente l’MPA e quei pochi movimenti che sono disposti a federarsi con esso. L’MPA è dotato di una forza propria tutt’altro che indifferente. Potrebbe essere davvero il partito di maggioranza relativa in Sicilia. Perché mai dovrebbe sciogliersi a favore di realtà piccole e litigiose? Perché mai dovrebbe ammainare un nome e un simbolo che gode della fiducia di circa il 16 % dei Siciliani? Potrebbe a questo punto limitarsi alla regionalizzazione del movimento, come, modestamente, avevo suggerito loro. Si potrebbe presentare con un simbolo nuovo ma con una sigla in cui la parola “MPA” non sia omessa, anche per non disperdere o confondere l’elettorato.

“Partito” o “movimento” dei Siciliani nuovo nome dell’MPA? E perché no? Che c’è di male se questa è stata un’evoluzione tutta interna a quel partito? Libero dal movimentismo sicilianista, l’MPA potrebbe perseguire i propri obiettivi di difesa dello Statuto attraverso i consueti schemi tattici delle alleanze “interessate” con i partiti nazionali. Potrebbe presentare un proprio candidato alle regionali e non sfigurare o sostenere Crocetta in un’alleanza più vasta.

Il secondo è l’aggregazione Zamparini-Di Pasquale che a quanto pare si è avvicinata alla risorta Sicilia Vera di Cateno De Luca. In questo mondo, non meno avversato dal “movimentismo” rispetto all’MPA, anzi da taluni anche più, porta con sé un pezzo di “forconismo”, e non disdegna l’alleanza con il “partito della rivoluzione” di Sgarbi o con Forza Nuova, da sempre vicina a Martino Morsello. L’autonomismo di questo schieramento, con tutta la buona volontà, appare radicalmente inconciliabile con quello di Pistorio, D’Agostino o Lombardo, ma anche con quello più radicale.

Anzi, a tratti, le sopra citate alleanze hanno bisogno di qualche forma ardita di conciliazione, se pensiamo – ad esempio – che Sgarbi è per l’abolizione delle regioni e il mantenimento delle province. Questo schieramento “dovrebbe” (con questi politici il condizionale è sempre d’obbligo) sostenere la candidatura di De Luca puntando a costituire un nucleo di opposizione all’ARS con il superamento, dal loro punto di vista certo, dello sbarramento elettorale. Poi, da lì, giocherebbe in Sicilia e in Italia la propria partita.

Poi ci sono i Forconi veri e propri, quelli di Mariano Ferro, che stamattina hanno presentato in conferenza stampa il loro simbolo e il loro programma. Per loro non è possibile alcun dialogo con le forze politiche esistenti. Hanno perso qualche pezzo per strada e sono consapevoli delle insidie dell’attuale sistema elettorale che potrebbe ridurre la presenza a testimonianza. O, al contrario, se gli va bene, sarà “rivoluzione”. Con loro dovrebbe andare anche il piccolo FNS, formazione indipendentista storica, anche se non è chiaro come possano rinunciare alla candidatura di Pippo Scianò, loro leader, per andare con Mariano Ferro.

E infine ci sono tanti movimenti, piccoli, medi e grandi, che all’Unione dei Siciliani avevano creduto davvero. Che erano disposti a metter da parte logo e nome. Che forse (non tutti) sarebbero stati disposti anche a sostenere Crocetta, ma mai dentro il PD o alleato con l’UDC. Avrebbero già fatto un grande sforzo ad accettare il nuovo MPA. Non mi sento nemmeno di chiedere loro di sostenere il candidato di un partito nazionale. Alcune realtà sono veramente importanti come “Terra è Vita”. Altre esprimono una militanza originale, comunque con un proprio valore aggiunto.

Non posso ricordarle tutte; è una vera rete di circa 35 “sigle” sparse per la Sicilia. Si va da Sicilia Vera a Italia Confederata, da L’Altra Sicilia (che poneva veti sulla presenza di Di Pasquale, ma non erano i soli) al movimento di Rossella Accardo, ai ragazzi di Messina del Comitato La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto, al sindaco di Capo d’Orlando Enzo Sindoni , ad Azione Siciliana e a tanti altri ancora, mi perdonino davvero, ma non ha neanche senso citarli tutti.

Che faranno ora? Senza il grande candidato e il grande schieramento la strategia dell’Unione non c’è più. Lasciatemi dire che sento loro i più vicini alle mie idee. Ma ora si aprono soltanto tre strade. O quella dell’opposizione extraparlamentare, in attesa di costruire, in questa legislatura, quel partito siciliano che non c’è e che non deve dipendere più da altri o dalla vecchia politica. Lavoro lungo, ma che darà i suoi frutti. Oppure chiudere un occhio (qualcuno lo sta facendo) e appoggiare una delle precedenti formazioni, in attesa di tempi migliori.

Oppure, infine, si è ancora in tempo, raccogliere le firme e presentare una lista sicilianista. tipo “Noi Siciliani” per intendersi. Per contarsi, come fanno i “comunisti del lavoro” o gli “sturziani”, praticamente certi di non arrivare allo sbarramento, ma per misurare la propria forza politica. Poi, chissà, in un momento di crisi di sistema può succedere di tutto.

Poi c’è il “mondo” tutto da scoprire del Movimento 5 Stelle. Non hanno bisogno di alcun apparentamento, anzi lo escludono per scelta. Dovranno prendere una posizione sulla questione Statuto. Molti di loro sono sensibili, ovviamente con uno spirito diverso da quello del sicilianismo storico, Cancelleri sembra una persona stimabile. E non sono certo una forza politica che prende ordini da Roma. Una certa area dell’autonomismo siciliano, quello “statutario” ed extraparlamentare – mi consta personalmente – se avrà garanzie sulla battaglia per l’attuazione dello Statuto, militerà certamente in questa direzione. Non potranno competere per il Governo della Regione, realisticamente, ma senza problemi per una presenza combattiva in Assemblea Regionale Siciliana.

In ogni caso – come è evidente – il mio lavoro di studioso con impegni politici qui è terminato. Il mio impegno, super partes, ovviamente non terminerà mai. Ora tocca alla politica fare la propria parte, ciascuno con le proprie scelte. Il risultato sulla battaglia per lo Statuto è certamente segnato.

L’Unione dei Siciliani invece, purtroppo, per ora può attendere. Non c’è una sola “bottega” che offre un solo prodotto, ma tre o quattro, più grandi o più piccole. Ma, se l’obiettivo era quello di dare una “casa” agli autonomisti siciliani, possiamo accontentarci. Di case o botteghe ce ne sono più d’una. Ognuno scelga quella che piace di più e si vada avanti. Pensavo che l’offerta politica regionalizzata (come in Catalogna) sarebbe dovuta venire in un secondo momento, alla vittoria dell’autonomismo. E’ venuta precocemente. Non è detto che sia un male.

Appello ai siciliani liberi: “Basta con i partiti nazionali, scendiamo in campo per la nostra terra”


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