L’indagine partita tre anni fa ha permesso agli uomini del servizio centrale operativo e delle squadre mobili di Agrigento e Palermo di arrestare Leo Sutera, considerato al vertice dell’organizzazione mafiosa della famiglia di Sambuca di Sicilia. Con lui sono finiti in manette anche tre fiancheggiatori, si tratta di Giuseppe Tabone, Maria Salvato e Vito Vaccaro. Il capomafia agrigentino, ritenuto vicino al latitante Matteo Messina Denaro, era stato raggiunto da un provvedimento di fermo lo scorso 28 ottobre emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La decisione si basava su un preciso elemento ovvero la pericolosità di fuga. Oggi, invece, è arrivata l’ordinanza di custodia cautelare.
Sutera è un personaggio considerato dagli inquirenti da sempre al centro della scena degli affari di Cosa nostra siciliana, soprattutto nella sua provincia dopo l’arresto del boss Falsone. L’uomo avrebbe intessuto rapporti anche con le province di Palermo e Trapani. Dai pizzini ritrovati in una masseria di Agrigento, prima del suo precedente arresto avvenuto nel giugno 2012 e in occasione delle diverse operazioni di caccia del super latitante di Castelvetrano, sarebbe emerso il forte legame esistente tra Sutera e la primula rossa della mafia trapanese. Il capomafia di Sambuca sarebbe stato colui che portava i messaggi al boss di Castelvetrano.
A Sutera, che si trova attualmente nel reparto detenuti dell’Ospedale “Civico” di Palermo, viene contestato il reato di associazione mafiosa. Con la forza intimidatoria avrebbe acquisito la gestione e il controllo di diverse attività economiche, concessioni e autorizzazioni per realizzare di ingenti guadagni. Inoltre, nonostante i lunghi periodi di detenzione, avrebbe diretto gli affari e impartito ordini agli altri associati partecipando a veri e propri summit e curando la gestione degli di appalti per la realizzazione di opere pubbliche. Con gli anni anche il patrimonio personale del 68enne era cresciuto destando l’interesse della guardia di finanza fin dal 2016 quando venne eseguito un sequestro da oltre 400mila euro. Tra i beni destinatari del provvedimento un villino situato sulle colline di Sambuca di Sicilia, vari appezzamenti di terreno, quote societarie di un esercizio commerciale di Sciacca e anche cavalli di un maneggio.
Denaro e fiuto per gli affari soprattutto nel mattone sembra essere stato questo il leitmotiv dell’ascesa criminale di Sutera. Un potere economico che ha potuto contare sull’ausilio di diversi fiancheggiatori.Questo il ruolo di Tabone, Salvato e Vaccaro, che sottolineano gli investigatori lo avrebbero aiutato ad eludere le indagini, salvaguardandone gli spostamenti e la comunicazione. In particolare Vito Vaccaro avrebbe messo a disposizione un immobile dove si sarebbero svolti gli incontri con altri membri di Cosa nostra e avrebbe ripulito l’auto messa a disposizione per tutti gli spostamenti del boss sambucese. Mentre Maria Salvato e Giuseppe Tabone avrebbero costantemente avvertito Sutera dell’esistenza delle telecamere e di eventuali indagini a suo carico. I tre dovranno rispondere di favoreggiamento personale aggravato dall’avere agevolato l’attività di Cosa nostra agrigentina. Dopo la cattura sono stati trasferiti nel carcere Petrusa di Agrigento.
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