Le mani della mafia si sarebbero allungate anche sul business almeno in due casi, rimasti però non concretizzati: sottoforma di una tentata estorsione all'associazione Omnia Academy di Favara, e nel cercare di mettersi direttamente in società con la Cooperativa San Francesco. Mediando anche con gli amministratori
Cosa Nostra e l’accoglienza nell’Agrigentino Il presunto boss: «La strada giusta sono io»
Pochi erano i 16 migranti destinati al centro d’accoglienza di Cammarata. Calogerino Giambrone, ritenuto il capo della locale famiglia mafiosa e arrestato oggi, avrebbe sperato in qualcosa di più, perché da quell’attività contava di ricavarci assunzioni e soldi. Le mani di Cosa Nostra agrigentina si sarebbero allungate anche sul business dell’accoglienza, almeno in due casi: sottoforma di una tentata estorsione all’associazione Omnia Academy di Favara, e nella ricerca di mettersi direttamente in società con la Cooperativa San Francesco che gestisce centri per richiedenti asilo ad Agrigento, Naro e Favara e che era alla ricerca di un immobile tra Cammarata e San Giovanni Gemini per aprire una nuova struttura.
Nel 2013 l’associazione Omnia Academy riceve dal Comune di Cammarata la proroga della convenzione per un nuovo triennio per gestire l’accoglienza di 15 migranti. Circa un anno dopo Giambrone comincia a interessarsi di un settore che promette entrate sicure. «C’è un paesano suo – dice il presunto capomafia, intercettato – che ha portato ottanta neri, siccome lui guadagna i soldi e c’è bisogno… gli ho detto “mi devi fare incontrare con questo“. E mi ci ha fatto incontrare effettivamente». Giambrone incontra Francesco Morgante, legale rappresentante dell’associazione (non indagato), per avanzare le sue richieste: contribuire alle spese della famiglia mafiosa di Cammarata. «Gliel’ho detto chiaro: – dice Giambrone a un suo sodale – “Devi campare a lui“. Ti devi mettere in testa una cosa: la chiarezza è la virtù dei forti».
A rallentare l’apertura del nuovo centro d’accoglienza ci sarebbe stato, però, l’allora sindaco di Cammarata, Vito Mangiapane, che, stando alle intercettazioni degli arrestati, avrebbe approfittato della sua posizione per ottenere favori dal presidente della Omnia Academy in cambio del via libera sulle autorizzazioni di competenza comunale. Gli inquirenti, a parziale supporto delle frasi captate, annotano che nel giugno del 2013 proprio la figlia del primo cittadino viene assunta dall’associazione. Né il sindaco, né la giovane risultano in ogni caso indagati in questo procedimento.
Il tentativo di estorsione, però, non risulta essere portato a compimento, nonostante le esplicite richieste di Giambrone che rimproverava il rappresentante della Omnia perché non era venuto subito a bussare alla sua porta. «Mi devi dire la strada che hai fatto – diceva – perchè la strada che hai fatto mi sembra che è quella sbagliata. Dice “io me ne sono andato da questo e da questo”, gli ho detto “tu questa strada non la devi prendere proprio, vedi che la strada giusta sono io“. Gli avevo detto di farmi incontrare altre tre volte al signorino, ma di qua gli entra e di qua gli esce».
Se il giudice conferma nell’episodio della Omnia Academy un tentativo di estorsione di tipo mafioso, traccia invece un profilo diverso per la vicenda che riguarda la cooperativa San Francesco. In questo caso, il gip parla infatti di tentativo di entrare quasi in società da parte della famiglia di Cosa Nostra. Teatro degli eventi è ancora una volta il piccolo paese di Cammarata. E stavolta sarebbe lo stesso rappresentante legale della cooperativa, Calogero Costa (anche lui non indagato), a bussare alla porta giusta: sempre quella di Calogero Giambrone, nel tentativo di accelerare il rilascio delle autorizzazioni per trasformare un immobile in località Borgo Callea, a Cammarata, in sede per un nuovo centro di accoglienza.
Così il presunto capomafia si muove, contattando e incontrando il 17 marzo del 2015, come riscontrato dagli investigatori, il sindaco Mangiapane e intimandogli di non mettere ostacoli nell’apertura della struttura. «Perchè si parla con i sindaci, capisci? – spiega Giambrone a un suo sodale, vantandosi dei suoi eccellenti rapporti con gli amministratori -. Vedi che io problemi non ne ho da nessuna parte». In cambio, alla famiglia mafiosa sarebbero stati garantiti l’assunzione di metà dipendenti a loro vicini, e il pagamento di una somma di denaro da stabilire in percentuale sul numero degli immigrati ospitati, ma comunque pari al 40 per cento delle entrate. Un piano che però, come nel caso della Omnia Academy, non si sarebbe concretizzato.