Da una parte il collegio della Corte dei conti, dall’altra l’assessore al Bilancio Giuseppe Girlando e la segretaria generale del Comune di Catania Antonella Liotta. Un botta e risposta incentrato sui conti di Palazzo degli elefanti e sulle discrepanze tra i dati rilevati dalla magistratura contabile e quelli sbandierati dall’amministrazione guidata dal sindaco Enzo Bianco. Al centro del contendere, però, ci sono i ritardi con i quali la giunta avrebbe risposto alle richieste della Corte e i presunti malfunzionamenti del sistema informatico. Per esempio: «Questo elenco di debiti fuori bilancio non ci è mai pervenuto – attacca Maurizio Graffeo, presidente della sezione regionale di controllo – Io non posso consentire che non si risponda a una nostra ordinanza». Certo, sorride, «sarà stato un problema di email». E l’assessore Girlando risponde: «Ha ragione, mi scuso». Ma il giudice continua, chiede una verifica sulla casella di posta elettronica certificata della Corte dei conti. Domanda che si controlli se l’allegato sui debiti fuori bilancio c’è. E la conferma arriva anche nell’aula adunanze di via Notarbartolo, a Palermo: l’elenco richiesto manca.
L’appuntamento davanti ai giudici palermitani dura alcune ore. Di decisioni sul default del Comune di Catania non se ne prendono, ma sono solo rimandate. E la magistratura non perde occasione per bacchettare l’amministrazione. Il giudice Giovanni Di Pietro, firmatario delle ultime tre – durissime – ordinanze inviate a Palazzo degli elefanti, se la prende con i pilastri che stanno alla base della difesa dell’assessore: la possibilità che il piano di riequilibrio venga rimodulato in trent’anni. «Ma non è questa la possibilità prevista dalla legge – precisa Di Pietro – La legge, invece, prevede che si possa spalmare in trent’anni il disavanzo tecnico che deriva dal riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi». In termini più semplici, secondo il giudice, quello che può essere ridimensionato in chiave trentennale grazie alla legge di stabilità 2015 – e che prima, invece, avrebbe dovuto essere saldato in dieci anni – è il pagamento delle differenze tra crediti e debiti del Comune. E non, come invece sostenuto dall’assessore e dal sindaco, l’intero pacchetto del piano di rientro. «Restano fermi tutti i vincoli assunti al momento dell’approvazione del piano – sottolinea il magistrato – Non ci sono altre possibilità». «È una valutazione oggetto di interpretazione – replica Giuseppe Girlando a margine -. Noi ne abbiamo una diversa, ci rivolgeremo alla conferenza Stato-Regioni».
Nell’adunanza di questa mattina, però, trovano spazio anche i temi caldi di questi giorni. Come il ricorso alle anticipazioni di tesoreria, oggetto di un infuocato scambio di comunicati stampa tra la giunta e il vicepresidente del Consiglio comunale Sebastiano Arcidiacono. Da un lato i dati presentati da quest’ultimo – che coincidono con quelli della Corte dei conti -; dall’altro i numeri snocciolati da Girlando e Bianco e confermati dal documento che hanno firmato al momento del passaggio di consegne con la precedente amministrazione, quella guidata dall’ex sindaco Raffaele Stancanelli. È alla gestione di quest’ultimo che il primo cittadino attuale imputa lo stato delle casse comunali. Ma Stancanelli – e l’assessore al Bilancio dell’epoca, Roberto Bonaccorsi – contano di rispondere alle accuse domani, nel corso di una conferenza stampa convocata in Sala Coppola dal gruppo consiliare Fratelli d’Italia. «Il piano di riequilibrio non è stato preparato dalla nostra amministrazione – torna a dire Girlando – Siamo entrati in carica dopo la pre-approvazione del ministero degli Interni». Cosa che avrebbe limitato il campo d’azione di questa amministrazione. «C’è una lacuna che riguarda i debiti fuori bilancio – ammette l’assessore -, sembravano inferiori a quanto poi abbiamo avuto modo di verificare. Ma oggi la Corte dei conti, legittimamente, ci chiede chiarimenti su previsioni che non abbiamo fatto noi».
Le colpe, però, non sarebbero da rintracciare solo nella vecchia compagine di giunta e assessori. Ce n’è anche per lo Stato e la Regione. «Le risorse che venivano da loro sono state tagliate di importi tra i dieci e i 15 milioni, e questo non può essere considerato un obiettivo mancato del piano – sostiene Giuseppe Girlando – Se il ministero approva il piano di riequilibrio e poi ci vengono tagliate le risorse, questo disallineamento non può essere attribuito al Comune». Anche perché, sostiene, «le azioni intraprese da questa amministrazione hanno ottenuto risultati maggiori rispetto a quanto preventivato». Il titolare del Bilancio, però, si spinge oltre: «Contiamo di recuperare 60 milioni dalla vendita degli immobili e 80 dal bando per vendere la rete del gas a prezzi vincolati. Il piano di riequilibrio sarà riformulato entro il 29 giugno», assicura. E sull’affaire partecipate si concentra sulla questione Sidra: «Non costituisce debito fuori bilancio – arringa – È stato avviato un arbitrato». Ma il giudice Giovanni Di Pietro non ci sta. «È incomprensibile che ci siano scostamenti e disallineamenti tra i nostri numeri e quelli forniti dai revisori dei conti – replica – I dati risultano poco attendibili». Un errore starebbe nella stima dei contenziosi legali, «ormai arrivata alla terza versione. Adesso sarebbero circa 712 milioni di euro – fa notare il giudice – E, inoltre, non esiste la voce del bilancio di previsione sui 600mila euro accantonati per un Fondo rischi spese legali».
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