Coronavirus, c’è la prima vittima tra i detenuti Si tratta di Sucato, presunto boss di Misilmeri

È morto all’ospedale Sant’Orsola di Bologna un detenuto positivo al Covid 19. È la prima vittima tra i reclusi. A quanto si apprende da fonti penitenziarie era agli arresti domiciliari presso il nosocomio. Si tratta di Vincenzo Sucato, di 76 anni, ricoverato da giorni nell’Unità operativa Medicina d’Urgenza del Sant’Orsola. Durante il ricovero era stato sottoposto a tampone naso-faringeo che aveva dato esito positivo. Arrestato nel blitz antimafia Cupola 2.0, considerato reggente della famiglia mafiosa di Misilmeri.  Sucato si trovava in una cella dell’istituto penitenziario di Bologna da dicembre 2018. Sembra fosse affetto da altre patologie e aveva anche difficoltà respiratorie. Entrato in ospedale, dunque, non come paziente Covid-19, è stato comunque sottoposto a tampone, risultando positivo. Nel frattempo, il 28, ha avuto, su decisione del giudice siciliano, gli arresti domiciliari in ospedale. 

Sulla gestione delle carceri durante l’emergenza Covid-19 Genneario De Fazio della Uilpa polizia penitenziaria nazionale ha chiesto, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che vengano subito convocati i sindacati per «una rapida illustrazione delle primarie esigenze». In particolare De Fazio scrive che: «Ciò che sta avvenendo in queste ore poteva e doveva essere evitato, tra detenuti tragicamente deceduti, operatori sequestrati e strutture messe a ferro e fuoco e devastate, senza voler estremizzare una situazione già oltre i limiti che si addicono ad un paese civile, sembra di assistere a un bollettino di guerra». 

Gli fa eco Armando Algozzino, siciliano, che fa parte della Uilpa polizia penitenziaria nazionale: «A proposito della morte del detenuto Vincenzo Sucato, fermo restando che dispiace la morte di qualsiasi detenuto, era facilmente prevedibile la possibilità dell’infezione dentro l’ambiente carcerario, vista la fragilità del sistema in tutta Italia. Era chiaro come bastasse un’emergenza non prevista per far sì che ci si trovasse impreparati ad accoglierla. Alla luce di queste considerazioni ha ancora più valore il lavoro della polizia penitenziaria che opera in condizioni di disagio estremo, e i positivi si contano anche tra le loro fila».


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