Corbino: “La qualità non si valuta solo dal tetto degli stipendi”

Per ripartire le risorse finanziarie (e gli eventuali “tagli” è necessario valutare meglio la qualità degli Atenei: questa è opinione diffusa. Ma in che modo e attraverso quali organismi? Ne parliamo con Alessandro Corbino, Comitato Nazionale per la valutazione del sistema universitario.


Professor Corbino, quando e perché nasce il Comitato Nazionale per la valutazione del sistema universitario?

L’organismo esiste con questa denominazione dal 2000, ma in realtà è la prosecuzione di un osservatorio per la valutazione fondato nel 1996. La sua funzione è determinare i criteri per la valutazione del sistema e osservare il suo andamento. La prossima settimana presenteremo il rapporto annuale con informazioni sui singoli problemi: la distribuzione dell’offerta didattica, il numero dei corsi di laurea esistenti, le caratteristiche, il numero di iscritti, quello degli studenti inattivi, la suddivisione nel territorio, e tanti altri.
 
Chi fa parte del Comitato e in base a che criterio sono stati scelti i componenti?
Il Comitato è costituito da nove persone scelte dal ministro dell’Istruzione col parere favorevole delle commissioni parlamentari.
 
Il Governo ha previsto l’avvio di un nuovo organismo: l’ANVUR, Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca (già previsto dall’ex ministro Mussi, ndr). Non si rischia di creare degli inutili doppioni?
Questa nuova agenzia è stata pensata come un organismo che possa avere una maggiore indipendenza dal governo, rispetto a quanto ne possa avere adesso il comitato. Si vuole rafforzare la terzietà della struttura di valutazione.
 
Quando sarà concretamente operativa?
L’agenzia era stata progettata dal ministro Mussi in termini che sono sembrati eccessivamente burocratici ad una parte dello schieramento politico. Questo ha determinato un rallentamento nel processo di approvazione dell’agenzia. Adesso l’attuale governo ne sta modificando l’ordinamento sulla base di indicazioni venute da organismi come la Corte dei Conti che ha messo in evidenza alcuni aspetti che richiedevano un intervento correttivo.
 
Sembra che il concetto di virtuosismo si basi solo su parametri economici, in primis la soglia del 90% per la spesa degli stipendi. È questo l’unico criterio che la nuova agenzia userà per dividere i buoni dai cattivi?
L’idea che “la virtù” degli atenei dipenda solo da questa soglia è il risultato di un’approssimativa ed eccessivamente rapida comunicazione mediatica. Il tetto del 90% nel rapporto tra spese per il personale e il resto delle spese è stato posto nel 1993, nel momento in cui fu avviato il processo di autonomia finanziaria degli atenei. È accaduto nel tempo che varie università hanno ampliato il personale, andando ben oltre la soglia del 90% di spesa. Adesso, in un momento di tagli, le Università che sono state capaci di tenersi al di sotto di tale soglia affermano di non meritarsi le restrizioni economiche causate da quegli sforamenti.
 
Ma tra i parametri di valutazione non sarebbe logico includere anche il modo in cui viene speso il restante 10%? Valutare la qualità dei progetti portati avanti dalle singole università?
Sicuramente, la premialità dei comportamenti meritevoli dovrebbe rientrare nell’uso di questo 10% destinato alle politiche. Inoltre questa quota dovrebbe rappresentare il minimo: molte università conservano un monte risorse per le politiche ben più alto. In ogni caso è nell’autonomia delle sedi decidere come utilizzare questi fondi, quali iniziative considerare meritevoli e dove indirizzare la premialità.


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